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EmatologiaNews

Leucemia Linfatica Cronica

By 24 Luglio 2014Gennaio 28th, 2019No Comments

La leucemia linfatica cronica (LLC) è una malattia linfoproliferativa cronica caratterizzata dalla proliferazione e dal conseguente accumulo di linfociti maturi neoplastici clonali non in grado di dividersi e immunologicamente inattivi. La proliferazione e l’accumulo di questi linfociti interessa gli organi linfoidi primari (midollo osseo) e secondari (linfonodi e milza) manifestandosi con l’aumento del numero dei globuli bianchi nel sangue venoso periferico e con l’ingrossamento di una o più stazioni linfonodali (linfoadenomegalia) e/o della milza. Il 95% dei casi di LLC deriva dai linfociti B e solo il restante 5% dai linfociti T.

Epidemiologia: la LLC è la forma più frequente di leucemia nei paesi occidentali, con un’incidenza stimata pari a 2-6 nuovi casi all’anno su 100.000 abitanti. E’ una patologia tipicamente dell’adulto-anziano con una età mediana alla diagnosi di circa 65 anni, una prevalenza nel sesso maschile (circa 2 volte) e una incidenza che aumenta progressivamente con l’aumentare dell’età (incidenza stimata nella popolazione con età superiore o uguale a 65 anni: 12-15 casi/100.000 abitanti). La LLC è molto rara nelle popolazioni orientali e questa bassa incidenza che è conservata anche nelle popolazioni orientali che migrano nei paesi occidentali fa pensare ad una predisposizione genetica che supera i fattori ambientali.

Eziopatogenesi: l’eziologia non è nota. Fattori causali noti sono le radiazioni ionizzanti e il benzene. La rarità di questa malattia nei paesi orientali, che come detto si conserva nonostante i fenomeni migratori, fa presupporre che alla base della sua eziopatogenesi ci siano fattori genetici.

Diagnosi: nella maggior parte dei casi la diagnosi di LLC è una diagnosi effettuata casualmente, spesso sospettata dal risultato di un esame emocromocitometrico. La diagnosi di LLC va sospettata ogni qual volta che siamo in presenza di una linfocitosi assoluta persistente (conta dei linfociti all’esame emocromocitometrico > 5.000/mmc per almeno 3 mesi). Per effettuare la diagnosi sono necessari una serie di accertamenti clinico-strumentali di base:

  • Accurato esame emocromocitometrico e conta dei reticolociti;
  • Esame obiettivo
  • Esami emato-chimici (compresa LDH, uricemia, beta2-microglobulina sierica ed elettroforesi siero-proteica);
  • Immunofissazione e dosaggio immunoglobuline nel siero
  • Test di Coombs diretto e indiretto
  • Esame cito-morfologico e immunofenotipico del sangue venoso periferico;
  • Aspirato midollare per esame cito-morfologico e immunofenotipico e per caratterizzazione citogenetica e molecolare;
  • Biopsia osteomidollare per esame istologico;
  • RX torace e ecografia delle stazioni linfonodali superficiali e dell’ addome completo (oppure, ove possibile, TC total body) per localizzazione e dimensionamento delle eventuali linfoadenomegalie e organomegalie;
  • In alcuni casi selezionati può essere utile l’asportazione di un linfonodo patologico.

Manifestazioni cliniche: nel 70% dei casi la diagnosi di LLC è casuale e i pazienti non riferiscono alcuna sintomatologia clinica, sebbene non è infrequente una storia di infezioni ricorrenti nei mesi precedenti la diagnosi. Nei pazienti sintomatici i sintomi di più comune riscontro sono: astenia, anoressia, perdita di peso e presenza di linfoadenomegalie superficiali e/o profonde, associate o meno a ingrossamento della milza (splenomegalia) e del fegato (epatomegalia). In alcuni casi è possibile che la malattia si presenti con fenomeni di tipo autoimmune (es. anemia emolitica autoimmune, pemfigo, ecc…) e l’interessamento leucemico può essere a carico delle ghiandole lacrimali e sottomandibolari (sindrome di Mikulicz).

Stadiazione: i sistemi di stadiazione attualmente più utilizzati per la LLC sono 2: il sistema di stadiazione secondo RAI e quello secondo BINET.

STADIAZIONE SECONDO RAI

STADIO PARAMETRI RISCHIO
0
Linfocitosi assoluta (Linfociti > 5.000/mmc)
Basso
I
Linfocitosi assoluta + linfoadenomegalie
Intermedio
II
Linfocitosi assoluta + splenomegalia
Intermedio
III
Linfocitosi assoluta + anemia (Emoglobina < 11 gr/dl)
Alto
IV
Linfocitosi assoluta + trombocitopenia
(Piastrine < 100.000/mmc)
Alto

STADIAZIONE SECONDO BINET

STADIO PARAMETRI
A
Linfocitosi assoluta (Linfociti > 5.000/mmc), non anemia, non trombocitopenia e aree linfonodali coinvolte < 3
B
Linfocitosi assoluta, non anemia, non trombocitopenia e aree linfonodali coinvolte ≥ 3
C
Linfocitosi assoluta, anemia (Emoglobina < 10 gr/dl) e trombocitopenia (Piastrine < 100.000/mmc)

Questi due sistemi di stadiazione, sebbene siano i più usati nella pratica clinica e siano in grado di predire l’andamento clinico della malattia in termini di sopravvivenza dalla diagnosi, hanno dei limiti e non considerano tutta una serie di parametri biologici di recente introduzione che hanno ormai un ruolo fondamentale nella stratificazione prognostica di base della malattia e talora anche nella diversificazione dell’atteggiamento terapeutico (vedi paragrafo “fattori prognostici”).

Fattori prognostici: nonostante i sistemi di stadiazione classici abbiano tutt’ora un valore prognostico importante, negli ultimi anni sono stati evidenziati numerosi fattori clinico-biologici in grado di predire un andamento clinico più o meno favorevole della malattia.
Fattori prognostici sfavorevoli: età maggiore di 65 anni, presenza di comorbidità, tempo di raddoppiamento dei linfociti nel sangue periferico inferiore ai 6 mesi, presenza di pro-linfociti circolanti (>5%) all’esame morfologico dello striscio di sangue periferico, infiltrazione midollare a pattern diffuso alla biopsia osteomidolare, elevata espressione di CD38 e ZAP-70 all’immunofenotipo, assenza di mutazioni del gene IgVh, elevati livelli di beta2-microglobulina sierica alla diagnosi, presenza di delezione del braccio lungo del cromosoma 11, presenza di delezione del braccio corto del cromosoma 17 (espressione di mutazioni del gene p53).
Fattori prognostici favorevoli: un andamento più favorevole della malattia è possibile non solo in assenza dei parametri clinico-biologici sopra indicati, ma anche in presenza di alcune specifiche aberrazioni cromosomiche come ad esempio la delezione del braccio lungo del cromosoma 13.

Complicanze e evoluzione clinica: durante le varie fasi della malattia, i pazienti affetti da LLC possono andare incontro a 4 tipi di complicanze:

  • Fenomeni autoimmuni: possono essere la spia della malattia all’esordio, oppure possono comparire in corso di trattamento. Nel 20% dei pazienti compare un’anemia emolitica autoimmune, nel 2-3% una trombocitopenia autoimmune; più rare sono le manifestazioni autoimmuni cutanee (es. pemfigo).
  • Infezioni: in considerazione del fatto che i linfociti clonali della LLC sono inattivi funzionalmente, i pazienti affetti da LLC sono caratterizzati da una tipica paralisi immunitaria (evidenziata anche all’elettroforesi siero-proteica dalla riduzione delle gamma globuline) che li espone ad infezioni ricorrenti da parte di germi opportunisti (es. infezioni polmonari da Pneumocystis J, infezioni da Varicella-Zoster o Cytomegalovirus, infezioni batteriche da S. Pneumoniae, H. Influenzae e Stafilococchi).
  • Trasformazione in forme più aggressive: fino al 10% dei pazienti affetti da LLC può andare incontro ad una trasformazione in una forma di linfoma aggressivo (Sindrome di Richter). Questo evento, che viene diagnosticato per mezzo dell’esame istologico di un linfonodo (biopsia escissionale), si manifesta con un rapido peggioramento delle condizioni cliniche e comparsa di linfoadenomegalie rapidamente ingravescenti. La prognosi di questa sindrome è grave, con una sopravvivenza mediana inferiore all’anno. Più raramente la LLC può trasformarsi in una leucemia prolinfocitica e ancor più raramente in una leucemia acuta.
  • Neoplasie secondarie: i pazienti affetti da LLC sono esposti al rischio di neoplasie secondarie (9% dei pazienti). Le più frequenti sono tumori della prostata, della cute, della mammella e sindromi mielodisplastiche o leucemie acute secondarie.

Terapia: le linee guida internazionali redatte dall’International Working Group on CLL Treatment and Guidelines raccomandano di iniziare la terapia, una volta diagnosticata una LLC, solo in presenza di malattia sintomatica, definita dalla comparsa o presenza di uno dei seguenti sintomi o segni:

  • sintomi sistemici (calo ponderale, astenia marcata, febbre, sudorazioni profuse);
  • splenomegalia e/o epatomegalia rapidamente progressive;
  • linfoadenomegalia ostruttiva;
  • anemia e/o trombocitopenia;
  • anemia emolitica automimmune (o trombocitopenia autoimmune) non rispondente alla terapia steroidea;
  • tempo di raddoppiamento dei linfociti nel sangue venoso periferico inferiore ai 6 mesi.

In assenza di questi sintomi o segni è sufficiente adottare una strategia detta “wait and wacht” (attendi e osserva), in quanto un trattamento precoce non determina alcun vantaggio in termini di controllo a lungo termine della malattia e in termini di sopravvivenza globale. Al momento sono in corso molti studi per stabilire se queste indicazioni siano valide ancora oggi, in considerazione dei sostanziali cambiamenti che sono stati apportati all’approccio terapeutico di questa malattia negli ultimi anni.
Pazienti giovani (età < 65 anni) gli schemi di prima linea che vengono comunemente impiegati nei pazienti giovani sono tutti basati sull’uso della Fludarabina e sono di tipo polichemioterapico o chemio-immunoterapico. Gli schemi più usati, che hanno dimostrato nei diversi trial clinici una efficacia simile sono: FC (Fludarabina-Ciclofosfamide), FCM (Fludarabina-Ciclofosfamide-Mitoxantrone), FR (Fludarabina-Rituximab), FCR (Fludarabina-Ciclofosfamide-Rituximab), FCMR (Fludarabina-Ciclofosfamide-Mitoxantrone-Rituximab).
In alcuni casi, come ad esempio nei pazienti che esprimono la delezione del braccio corto del cromosoma 17, può essere utile usare l’Alentuzumab, in considerazione dell’elevata incidenza di resistenza agli analoghi delle purine e agli agenti alchilanti che è presente in questo gruppo di pazienti.
Pazienti anziani (età > 65 anni) nei pazienti anziani e nei pazienti che presentano alla diagnosi delle comorbidità è necessario un approccio meno aggressivo che permetta un controllo della malattia ma che non esponga i pazienti alle complicanze infettive cui possono andare incontro con la chemio-immunoterapia. In questi pazienti la terapia raccomandata è basata sull’uso di dosi basse o intermedie di Clorambucil ± terapia steroidea (particolarmente indicata in caso di fenomeni autoimmuni associati o di concomitante piastrinopenia).

Nei pazienti giovani ricaduti o resistenti è possibile prendere in considerazione altri farmaci di seconda linea (Alentuzumab, Bendamustina, Pentostatina, Cladribina, Ofatumumab, vedi nuove terapie) o considerare il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche (CSE).

Il trapianto allogenico di CSE è l’unico trattamento ritenuto curativo per questa malattia. In considerazione della mortalità legata alla procedura trapiantologica, attualmente si preferisce utilizzare degli schemi di condizionamento non mieloablativo (trapianti a ridotta intensità di condizionamento, RIC) e la possibilità del trapianto va presa in considerazione seguendo alcune specifiche indicazioni:

Indicazioni al trapianto allogenico di CSE nei pazienti giovani affetti da LLC.

  1. Pazienti che presentano alla diagnosi una delezione del braccio corto del cromosoma 17 o una mutazione del gene p53;
  2. Remissione parziale per presenza di malattia residua dopo terapia con le combinazioni di chemio-immunoterapia;
  3. Trasformazione in Sindrome di Richter;
  4. Recidiva di malattia entro i 2 anni dal trattamento con la chemio-immunoterapia;
  5. Malattia refrattaria ai trattamenti basati sull’uso della fludarabina o di altri analoghi delle purine.

Prognosi: la LLC è una malattia con andamento cronico-recidivante che al momento non è guaribile se non in alcune condizioni che dipendono dai fattori prognostici e dalla possibilità di effettuare un trapianto allogenico di CSE. In considerazione della notevole eterogeneità dei fattori clinico-biololgici che hanno un impatto prognostico sulla malattia, la prognosi della LLC è estremamente variabile, con una sopravvivenza mediana che può andare dai 2 anni fino ad arrivare a più di 20 anni.

Nuove terapie: l’Alentuzumab (anticorpo monoclonale anti-CD52) è entrato ormai stabilmente nell’armamentario terapeutico usato per la cura della LLC. E’ un farmaco raramente utilizzato in prima linea di trattamento ma particolarmente efficace nei pazienti che presentano una delezione del braccio corto del cromosoma 17 o una mutazione del gene p53, in particolare se la malattia si esprime principalmente a livello midollare (ha poca efficacia sulle masse linfonodali). La Bendamustina è un alchilante facente parte della famiglia delle nitrosouree e si è dimostrata molto efficace negli studi clinici effettuati sia in prima linea che in seconda linea di trattamento; la combinazione di Bendamustina e Rituximab non si è dimostrata superiore agli schemi basati sull’uso della Fludarabina, pertanto è attualmente indicata in seconda linea.
L’Ofatumumab è un anticorpo umanizzato anti-CD20 molto più potente rispetto al Rituximab. Recenti studi hanno permesso di dimostrare l’elevata attività di questo immunoterapico anche in prima linea di trattamento (risposte globali: 75%; remissioni complete: 41%) proponendosi come possibile trattamento di prima linea per il futuro, sebbene al momento sia approvato solo per il trattamento delle forme di LLC recidivate/resistenti.
Una serie di altri farmaci sono inoltre al momento in fase di sperimentazione in studi clinici di fase 1-2 o di fase 3. I più rilevanti sono: i nuovi anticorpi monoclonali, come ad esempio il GA-101 (anti-CD20) o il Milatuzumab (anti-CD74), i nuovi analoghi nucleosidici (es. Nelarabina), gli immunomodulatori (es. Lenalidomide), e altre piccole molecole (Bevacizumab, Plerixafor) o inibitori delle tirosin-chinasi (Dasatinib).