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TERAPIE FARMACOLOGICHE

By 23 Luglio 2014Gennaio 28th, 2019No Comments

METHOTREXATE

Il Methotrexate rappresenta il farmaco principale per la cura della artrite reumatoide. La sua azione è complessa ma si può dire che le basse dosi usate nella artrite reumatoide non hanno effetto immunosoppressivo e quindi la sua azione come farmaco “anti reumatico” è legata ad altri meccanismi. Il farmaco può essere somministrato sia per bocca che via intramuscolare o sottocutanea. L’assorbimento per bocca non è ridotto dalla concomitante assunzione di cibo. Dopo poche ore dalla somministrazioni il farmaco è presente nel liquido sinoviale a concentrazioni uguali a quelle plasmatiche. Molto spesso si preferisce usare la via parenterale per assicurare una biodisponibilità maggiore. Il farmaco viene metabolizzato nel fegato ed i suoi metabiliti vengono secreti con le urine. La concentrazione nel plasma può essere aumentata dall’uso di alcuni farmaci (comprensi gli anti infiammatori), ma alle dosi usate in reumatologia questo fatto è di poco conto. Vanno comunque evitati farmaci e tossici che possono alterare il metabolismo del MTX (compresi gli alcolici). Il farmaco non può essere usato negli epatopatici e nei pazienti con insufficienza renale. Anche farmaci che possono dare tossicità renale vanno usati con cautela. Il Bactrim (un sulfamidico usato nella cura di alcune infezioni) deve essere evitato per non aumentare la tossicità midollare.
Le dosi usate in Reumatologia variano da 5 mg a 20 mg. Il supplemento di acido folico dopo la somministrazione ne riduce la tossicità senza ridurne l’efficacia. Si preferisce usare l’acido Folico (Folina) rispetto all’acido folinico per una questione di costi stante la sostanziale assenza di differenza clinica; si puo’ ricorrere all’acido folinico (Lederfolin o simili) se non risultato dall’acido folico. La dose di Folina è in media di 5 mg 24 ore dopo l’assunzione del MTX. 
Gli effetti collaterali del farmaco sono maggiori nei primi mesi di trattamento. I piu’ comuni sono gli effetti gastrointestinali che includono nausea, vomito, diarrea e perdita di peso. Questi effetti migliorano con la riduzione della dose, con il supplemento di acido folico (o folinico) e la modifica della somministrazione (per os o im). Possono essere usati anti emetici. Se non efficacia da questi presidi in alcuni casi il farmaco può essere sospeso.
Il farmaco può causare alopecia (perdita di capelli, rara alle dosi usate in Reumatologia), fotosensibilità (eritema, orticaria indotti dai raggi ultravioletti del sole) e vasculite cutanea (infiammazione dei piccoli vasi con comparsa di un quadro tipo morbilliforme specie agli arti inferiori). Va segnalato inoltre il possibile peggioramento dei noduli reumatoidi con la comparsa di un quadro clinico chiamato “nodulosi da Methotrexate”. Questo quadro risponde essenzialmente alla riduzione –sospensione del farmaco. Non è in rapporto con un peggioramento di malattia ed è legato a meccanismi particolari indotti dal farmaco.
La tossicità ematologia include riduzione dei globuli bianchi, dei globuli rossi con anemia macrocitica e delle piastrine. La tossicità midollare è presente in circa il 5% dei pazienti con diversi gradi di gravità. Un aumento del valore dell’MCV può essere predittore di tossicità e va monitorato. Sono piu’ a rischio i pazienti con insufficienza renale, i pazienti che fanno uso di alcolici, gli epatopatici, i pazienti con carenza di acido folico ed i pazienti che assumono determinati farmaci tipo il Bactrim. L’uso del supplemento di acido folico è utile per prevenire questa tossicità In caso di sovradosaggio l’uso dell’acido folinico ad alte dosi è antidoto efficace.
Il farmaco va usato con cautela a bassa dose o non usato nei nefropatici. Non può essere usato nei dializzati. L’insufficienza renale è legata ad una azione tossica del farmaco in questi pazienti. Alle dosi usate in reumatologia, in pazienti sani li danno renale è raro.
I pazienti che assumono MTX possono avvertire effetti collaterali cerebrali. In particolare, cefalea, vertigini, confusione, difetto di concentrazione. Sono effetti legati alle concentrazioni del farmaco nel liquido cerebrospinale. Se i sintomi sono persistenti ed importanti dopo le prime dosi va ridotta la dose o sospeso il farmaco.
Altri disturbi avvertiti possono comprendere astenia (stanchezza), mialgia (dolori muscolari), febbre. Se presenti e persistenti vanno segnalati al reumatologo per modifica di terapia.
Il farmaco può causare epatite e-o riattivare precedenti epatiti da virus C o B. Non può essere usato in pazienti con infezioni da HBV, HCV o HIV. Può verificarsi, con il farmaco, un aumento delle transaminasi (AST e ALT). E’ un evento frequente con aumento dei valori da una a quattro volte l’indice di riferimento. Il significato di questo aumento non è chiaro. In genere il problema si risolve dopo 1-3 settimane dalla riduzione –sospensione (anche transitoria) della dose. In caso di aumento persistente dei valori ematici con valore doppio del valore di riferimento (nonostante riduzione dose) il farmaco va sospeso, almeno temporaneamente. Va posta attenzione alla co- somministrazione di salazopirina (Salazopiryn EN) ed di leflunamide (Arava). L’associazione con quest’ultimo farmaco va fatta sempre con molta attenzione e sotto stretto controllo. Lo sviluppo di fibrosi epatica e cirrosi epatiche sono eventi rarissimi alle dosi usate. La biopsia epatica non va fatta salvo su indicazione specifica del reumatologo o dell’epatologo. Sono piu’ a rischio di danno epatico cronico i diabetici, gli epatopatici, gli alcolisti, i pazienti con grossa obesità , i pazienti con insufficienza renale. E’ importante valutare anche la dose cumulativa del farmaco (specie negli psoriasici).
Il MTX può causare tossicità polmonare sia acuta che cronica. Una reazione acuta al MTX è evento raro. Si manifesta con la comparsa di tosse, fatica a respirare, febbre. Sintomi spesso accompagnati a stanchezza e malessere generale. In caso di sospetto clinico il farmaco va immediatamente sospeso e va consultato il medico di medicina di base o il reumatologo referente. Questo tipo di tossicità in genere è precoce (primi mesi di terapia). Ci può essere anche un danno cronico che porta a fibrosi polmonare. Pazienti a rischio sono quelli già con precedenti problemi polmonari (tipo bronchite cronica, enfisema). Questi pazienti se abbisognano del farmaco vanno attentamente monitorati. Esistono linee guida per l’utilizzo del farmaco in pazienti con presenza o sospetto di affezioni polmonari. –
Il farmaco può causare transitoria riduzione del numero degli spermatozoi ed impotenza. ‘ riportata anche disfunzione ovarica. Il farmaco è teratogeno. Va sospeso almeno tre mesi prima del concepimento. Una adeguata terapia anti-concezionale è mandatoria nelle pazienti fertili. Il problema della teratogenicità riguarda evidentemente sia il maschio che la femmina.
Per quanto riguarda il rischio oncogeno (di essere causa di tumori) va detto che il farmaco non è stato identificato come agente cancerogeno. Il problema riguarda comunque specie il rischio di linfomi non Hodgkin (LnH) Sono stati descritti LnH (associati ad infezione da virus EBV) a regressione con la sospensione del farmaco.

Monitoraggio del farmaco.

  • Controllo esami epatici (AST, ALT, ALP, albumina), virologici (HBV, HCV), emocromo, creatinina prima dell’inizio della terapia.


  • Successivamente controllo AST, ALT, albumina, emocromo ogni mese per i primi mesi, poi come prescritto dal medico di riferimento.


  • Sconsigliabile uso di alcolici


  • Le linee guida prevedono poi le indicazioni ad eventuale biopsia epatica ed alla discontinuazione del farmaco se esami  alterati. Comunque sarà compito del reumatologo decidere tali provvedimenti.


Il farmaco va discontinuato transitoriamente in corso di infezioni acute e nel periodo di interventi chirurgici importanti. Anche nei pazienti operati per protesi di anca e ginocchio, per la possibile insorgenza di ipoferfusione renale dopo intervento, è consigliabile la sospensione temporanea del farmaco (in genere una-due settimane prima e una-due dopo).
Infine i pazienti in terapia con MTX non dovrebbero ricevere vaccinazioni con vaccini vivi. Possono avere invece essere eseguite le vaccinazioni routinarie (influenza, tetano, pneococco).
Non ci sono problemi sull’uso del farmaco in pazienti in terapia per osteoporosi. Le dosi del farmaco usate in reumatologia non inibiscono la formazione ossea e non peggiorano la osteoprosi.

 

FARMACI BIOLOGICI

 

Che cosa sono i farmaci biologici?
I farmaci biologici sono farmaci in grado di interferire con le citochine, cioè con alcune sostanze prodotte dal sistema immunitario.
Nell’artrite reumatoide, così come in altre patologie infiammatorie croniche (psoriasi, artropatia psoriasica, spondilite anchilosante, artrite cronica giovanile, morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa), esiste uno squilibrio tra le citochine ad attività anti-infiammatoria e quelle ad azione infiammatoria, a favore di queste ultime. I farmaci biologici agiscono bloccando l’attività delle citochine ad azione infiammatoria.
Questi farmaci sono prodotti con tecniche di ingegneria genetica: i geni umani, responsabili della produzione di queste proteine,  vengono inseriti in colture cellulari non umane per produrre grosse quantità di questi farmaci.

Quando vengono utilizzati?
In genere, i pazienti con artrite reumatoide vengono trattati inizialmente con uno o più dei cosiddetti “farmaci di fondo” (DMARD), quali ad esempio il methotrexate, la sulfasalazina, la leflunomide e l’idrossiclorochina. Questi farmaci sono in grado di ridurre il dolore e gonfiore articolare e di rallentare o bloccare il danno alle articolazioni indotto dall’artrite.
I farmaci biologici sono stati approvati per il trattamento dell’artrite reumatoide moderata o grave che non risponde ad uno o più dei farmaci di fondo. I farmaci biologici vengono introdotti solo in un secondo tempo nei pazienti che non rispondono alla terapia tradizionale, sia per gli elevati costi dei biologici, sia perché gli effetti collaterali di tali farmaci a lungo tempo non sono ancora ben noti.
I farmaci biologici possono essere utilizzati in combinazione con i FANS (antinfiammatori non steroidei) e con i preparati cortisonici;  possono anche essere associati ai farmaci di fondo per potenziarne l’effetto.
Alcuni farmaci biologici sono stati inoltre approvati per la terapia di altre malattie croniche: artropatia psoriasica, psoriasi, spondilite anchilosante, artrite cronica giovanile, morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa. Altre indicazioni al loro utilizzo (Behcet grave, miositi, vasculiti) sono da considerare sperimentali.

Qual è il loro meccanismo di azione?
I farmaci biologici attualmente in commercio agiscono come inibitori delle citochine infiammatorie TNF-a e IL-1. Queste citochine sono sostanze prodotte da alcune cellule dell’organismo che causano infiammazione e danno alle articolazioni ed anche in altre sedi dell’organismo stesso. Il TNF-a e l’IL-1 sono prodotte in grosse quantità nei pazienti con artrite reumatoide o con altre patologie infiammatorie croniche. I farmaci biologici sono stati appunto messi a punto per bloccare l’attività del TNF-a o dell’IL-1. I pazienti che sono trattati con questi farmaci avvertono generalmente un rapido miglioramento dei sintomi legati alla malattia (esempio dolore e gonfiore nell’artrite).

Quali sono i farmaci biologici attualmente in uso?
L’infliximab (Remicade®) è un anticorpo anti-TNF-a (ossia una sostanza che è in grado di bloccare l’attività del TNF-α) che viene somministrato per via endovenosa in strutture ospedaliere specializzate. Viene usato nel trattamento dell’artrite reumatoide, della spondilite anchilosante e dell’artropatia psoriasica.
Gli altri farmaci biologici attualmente in commercio (con le stesse indicazioni) vengono invece somministrati attraverso iniezioni sottocutanee.
L’etanercept (Enbrel®) è un recettore del TNF-a che viene somministrato due volte alla settimana.
L’adalimumab (Humira®) è un anticorpo anti-TNF-a che viene generalmente somministrato ogni due settimane.
Anakinra (Kineret®) è un antagonista del recettore dell’IL-1 che viene somministrato una volta al giorno.

Sono tra loro uguali?
No,  non sono uguali. Anche se bloccano tutti la stessa  molecola (TNF alfa), tranne l’ anakirna (meno usato) che blocca l’interleuchina 1, tali farmaci sono diversi per caratteristiche biologiche, molecolari, per modo di azione,  per dose, per via di somministrazione,  per tempo di comparsa dell’effetto clinico (piu’ rapido con infliximab).

Quali sono i possibili  effetti collaterali- indesiderati dei farmaci  biologici?
I più comuni effetti collaterali dei farmaci biologici sono le reazioni nel sito d’iniezione: rossore, bruciore e prurito nella sede di iniezione. Le reazioni ad infusione sono in genere lievi come nausea, vomito; orticaria nel 2%; l’ anafilassi è rara; le reazioni cutanee sono possibili anche dopo 15 gg dall’infusione (infliximab)..
L’infliximab può inoltre determinare reazioni allergiche durante l’infusione (flebo): prurito, comparsa di macchie e bolle sulla pelle, alterazioni della pressione arteriosa e affanno. Queste reazioni possono essere prevenute o curate con l’uso di altri farmaci.
I più importanti effetti collaterali riguardano l’aumentato rischio di infezioni di ogni tipo, specie batteriche e fungine. In particolare, i farmaci che bloccano l’attività del TNF-α  possono determinare la riattivazione di una tubercolosi sottostante. Per questa ragione, prima di somministrare un farmaco anti-TNF-α tutti i pazienti devono essere sottoposti a dei test in grado di evidenziare il contatto con il bacillo tubercolare (in particolare: lastra del torace e reazione di Mantoux, che si effettua iniettando un derivato del bacillo della tubercolosi sotto la pelle).
In caso di insorgenza di  infezione questi farmaci devono essere interrotti, temporaneamente o in modo definitivo. a seconda dei casi. Per quanto riguarda la TBC, questa è stata maggiormente segnalata con infliximab (azione del farmaco sul granuloma). È legata nella maggior parte dei casi a riattivazione di forma latente, ha esordio in genere nei primi due mesi di terapia, spesso è extra-polmonare e disseminata e può avere  esordio atipico. 
Con l’uso di anti-TNF-α si possono verificare, anche se solo molto raramente, complicanze neurologiche, come malattie demielinizzanti, motivo per cui questi farmaci sono controindicati nei pazienti con malattie demielinizzanti quali ad esempio la sclerosi multipla.
Tali farmaci possono causare anche sviluppo di “autoimmunità”, possono cioè causare lo sviluppo di altri problemi autoimmuni (reazioni immunitarie contro il proprio organismo) che possono manifestarsi con il rilievo nel sangue di autoanticorpi diversi da quelli della artrite reumatoide o di altre malattie autoimmuni (rare).  In pratica possiamo avere sviluppo di anticorpi contro il farmaco –solo con infliximab – motivo poi di parziale perdita di risposta terapeutica allo stesso; possiamo avere sviluppo di positività degli  ANA (anticorpo presente nel LES) in circa il 50-60% dei trattati, di  positività del  nDNA (altro anutoanticorpo del LES)  nel 4 – 10%  dei trattati. Rarissimo è lo sviluppo di LES da farmaci, comunque reversibile e lieve.
Non c’è evidenza attuale che i pazienti che sviluppano tali autoanticorpi siano a rischio aumentato per lupus da farmaci (dalle raccomandazioni italiane per l’utilizzo di tali farmaci 2006).
Poiché i farmaci biologici inibiscono parzialmente la attività del sistema immunitario, che è importante nel combattere lo sviluppo di tumori, è teoricamente possibile che l’uso di tali farmaci, in particolare per periodi prolungati e ad alte dosi, possa causare un aumento della frequenza di tumori. Dai dati finora disponibili sembra tuttavia che tale effetto collaterale sia molto raro (osservato in meno di 1 paziente su 150 trattati). In particolare va monitorata l’insorgenza dei linfomi, tumore dei linfonodi a partenza dalle cellule B, cellule che sono implicate anche nello sviluppo della artrite reumatoide. La frequenza dei linfomi è  tra 2.3 e 6.4 volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Non chiaro se è legata al trattamento. Va considerato infatti che la artrite reumatoide attiva di per sé pare correlare con un aumento dei linfomi  e che i pazienti in terapia con anti TNFalfa hanno AR molto attiva. Tali farmaci non vanno peraltro usati se c’è storia  personale di malattia.
Sono stati descritti altri effetti collaterali come leucopenia, anemia, pancitopenia (calo della produzione di cellule ematiche), linfoadenopatia, cefalea, vertigini, malessere, astenia, ritenzione di liquidi, ecchimosi, epatite ed altri effetti collaterali. Tali effetti  collaterali sono rari.

Quali pazienti non li possono assumere? 
Gli anti-TNF-α sono inoltre controindicati nei pazienti con insufficienza cardiaca grave perché possono aggravare tale malattia; tuttavia, essi non sembrano causare una insufficienza cardiaca in soggetti sani.
E’ importante evitare l’uso di questi farmaci in gravidanza e allattamento.
Sono chiaramente controindicati in casi di infezione attiva e se il paziente è ad alto rischio di infezione come nei pazienti con ulcere cutanee croniche infette, con infezioni polmonari ricorrenti, con infezioni protesiche o nei pazienti  portatori di cateteri vescicali a permanenza con infezioni ricorrenti vie urinarie.
Inoltre non possono assumerli i pazienti  che hanno o che hanno avuto tumori trattati con successo nei 10 anni precedenti esclusi i pazienti con basalioma (tumore della pelle). 
Non possono assumere tali farmaci i pazienti con connettiviti (tipo il LES, la sclerodermia) o con malattie neurologiche pregresse demielinizzanti (sclerosi multipla o malattie simili).

Vanno monitorati?
I pazienti in terapia con biologici richiedono monitoraggio ambulatoriale clinico e laboratoristico  ogni 3 mesi salvo diversa prescrizione specialistica. Vanno monitorati sia per verificare la loro efficacia nel tempo, sia per controllarne gli effetti collaterali.. In genere i pazienti in terapia con questi farmaci vengono seguiti in ambulatori dedicati. 
Gli esami che vengono controllati sono la VES, la PCR, l’emocromo, gli esami di funzione epatica, la creatinina, l’esame urine. Viene inoltre controllata l’insorgenza di altre autoimmunità (ANA, nDNA).
I pazienti che notino la comparsa di disturbi clinici nuovi durante il trattamento con farmaci biologici devono riferire tali disturbi al reumatologo di riferimento in modo da valutare se i disturbi possono essere dovuti al trattamento in atto. La possibilità di effetti collaterali meno comuni ma possibili va  sempre verificata.

Vanno sospesi in caso di infezioni?
Si vanno sospesi fino alla guarigione della infezione, salvo trattarsi di infezioni virali leggere (raffreddamento).
Per quanto riguarda i pazienti con infezione cronica da virus C  ed affetti da artrite reumatoide  la terapia con anti TNF alfa appare sicura (dalle raccomandazioni italiane per l’utlizzo di tali farmaci 2006).

Vanno sospesi in caso di vaccinazioni?
Le comuni vaccinazioni (anti influenzale, anti pneumococcica, anti tetanica)  non  richiedono sospensione del trattamento. Va consultato lo specialista in caso di vaccinazioni con virus vivi attenuati (febbre gialla).

Vanno sospesi in caso di intervento chirurgico?
In caso di intervento chirurgico tali farmaci vanno sospesi.
In particolare:
•  Infliximab va sospeso una settimana prima l’intervento e ripreso 1-2 settimane dopo
•  Etanercept: va sospeso la settimana della procedura e ripreso 1-2 settimane dopo
•  Anakirna: va sospeso la settimana della procedura e ripreso 1-2 settimane dopo 
•  Adalimubab: va sospeso almeno una settimana prima e ripreso 1-2 settimane dopo

Sono sempre efficaci?
No, tali farmaci non sono sempre efficaci. C’è una percentuale di pazienti, stimabile tra il 10 e 20%, che non risponde a tale trattamento.  La risposta alla terapia va valutata dopo 12 settimane dal suo inizio; va poi va controllato il mantenimento della sua efficacia ogni tre mesi.

In caso di fallimento con un farmaco anti TNFalfa si può passare ad un altro?
Si. Il fallimento della risposta ad un  farmaco anti TNFalfa  non preclude la risposta ad un altro (dalle raccomandazioni italiane per l’utilizzo di tali farmaci 2006).

In sintesi
I farmaci cosiddetti “biologici” hanno rappresentato un avanzamento molto importante nella terapia di molti reumatismi infiammatori autoimmuni. Sono farmaci che agiscono bloccando una molecola del sistema immune; hanno un profilo rischio beneficio a favore del loro utilizzo se utilizzati in malattie non rispondenti alla terapia tradizionale ben condotta. Non sono esenti da possibili effetti collaterali anche gravi. Non sono sempre efficaci. Vanno per questo attentamente monitorati da reumatologi esperti nel loro utilizzo. Il loro costo è molto elevato. Per questo e per il loro profilo di sicurezza i pazienti vanno attentamente selezionati e seguiti nella risposta clinica che, se non importante, controindica il  loro proseguo.

BIFOSFONATI

I BIFOSFONATI sono dei composti chimici in grado di inibire il riassorbimento osseo e vengono usati, per questa loro proprietà, nella terapia dell’osteoporosi e nel trattamento delle lesioni osteolitiche da metastasi ossee.
Possono essere usati sia per via orale e intramuscolo, prevalentemente nell’osteoporosi, sia per endovenosa nelle complicanze ossee associate ai tumori, nel mieloma multiplo e nella malattia di Paget .
Come tanti farmaci, anche questi possono avere degli effetti indesiderati sul resto dell’organismo. 
Per quanto riguarda il distretto oro-facciale la complicanza più temuta è l’osteonecrosi dei mascellari, che consiste nella perdita parziale e localizzata del tessuto osseo, con o senza dolore,  spesso in corrispondenza di una zona dove si è verificata una estrazione o un intervento che ha determinato l’esposizione di osso. Può rimanere asintomatica  per mesi. 
I segni iniziali di una osteonecrosi comprendono:

1.  presenza di osso esposto con o senza dolore
2.  lenta o mancata guarigione dell’alveolo dopo l’estrazione
3.  dolore o gonfiore o infezione alla gengiva
4.  fuoriuscita di secrezione purulenta dall’alveolo
5.  intorpidimento o sensazione di pesantezza a carico della mandibola


In questi casi si raccomanda di consultare urgentemente il proprio odontoiatra o un reparto di Chirurgia Orale. 
L’osteonecrosi da bifosfonati si è verificata, prevalentemente, in casi di trattamento prolungato e per via endovenosa, ma non si può escludere anche negli altri tipi di somministrazione.
E’ buona norma, quindi, informare il medico prescrittore dei bifosfonati sulla propria salute orale e, al contempo, il vostro odontoiatra che vi state sottoponendo a un trattamento con questi farmaci.
Inoltre, prima di iniziare un trattamento con i bifosfonati è utile:

1.  fare una visita di controllo dall’odontoiatra ed una seduta di igiene orale professionale;
2.  programmare eventuali estrazioni o interventi di chirurgia implantare prima di cominciare la cura.