Il termine dieta, nell’immaginario comune, richiama erroneamente alla mente tout-court un regime alimentare restrittivo dimagrante. È estremamente riduttivo ricondurre la parola al raggiungimento della sola perdita di peso corporeo desiderata e per altro, dai più, solo per motivi estetici. L’etimologia della parola ci suggerisce spunti interessanti: dieta deriva dal latino medievale diaeta che proviene dal greco δíαιτα (díaita) con il significato di “modo di vivere, regime di vita”; gli antichi Greci, dunque, indicavano con tale termine un modus operandi che comprendesse uno stile di vita giornaliero, al di là della normale assunzione di cibo. Semanticamente, dunque, la dieta è il nostro vivere quotidiano che contempla l’assunzione di alimenti, l’attività motoria, l’attività intellettuale, le emozioni, le reazioni psichiche e organiche allo stress: in sostanza, il nostro modo di essere.
In Medicina, quando si discute di cause di malattie (patogenesi), si è soliti indicare fattori di rischio modificabili e non modificabili. I primi rappresentano elementi, cosiddetti costituzionali, come, ad esempio, l’età anagrafica, il sesso, i nostri geni sui quali non è possibile intervenire; i secondi, invece, sono fattori ambientali, alimentari, comportamentali (dietetici, per l’appunto, nella accezione semantica del termine) sui quali si può agire con interventi volti a correggere uno stile di vita potenzialmente pericoloso e/o a rischio.
Gli esperti del settore e tutta la comunità medico-scientifica sono molto preoccupati per l’aumento costante di incidenza di malattie croniche disabilitanti quali l’obesità, il diabete, l’ipertensione arteriosa, l’obesità infantile, e di tutte le complicanze a queste secondarie tra le quali, non trascurabili, le malattie renali croniche in continua crescita. Nel mese di ottobre scorso, la più prestigiosa e quotata rivista di medicina al mondo, The New England Journal of Medicine (http://www.nejm.org/toc/nejm/367/15), ha dedicato un intero volume al sovrappeso e all’obesità negli infanti e negli adolescenti, stigmatizzando l’importanza di una educazione dietetica in queste fasce di popolazione particolarmente predisposte, per motivi di carattere esistenziale e socio-culturale, al consumo di alimenti e bevande ricchi di zuccheri semplici (fast food) che offrono calorie di immediato utilizzo, ma molto dannose per l’organismo. L’infante e/o l’adolescente in sovrappeso sarà un futuro obeso, diabetico, iperteso con i consequenziali costi sanitari e sociali che ciò comporterà.
In tempi di crisi globale, di spending review, i nostri organi governativi nazionali e regionali invitano continuamente la classe medica a contenere la spesa sanitaria. In quest’ottica, la dieta, in senso lato, possa essere di grande aiuto per tutti gli operatori sanitari. La dieta dovrebbe e deve rappresentare un cardine terapeutico imprescindibile nella gestione di tutte le patologie umane: dal diabete all’obesità, dalle malattie renali alla gotta, dalla ipertensione arteriosa, alle neoplasie, dalle dislipidemie alle calcolosi del rene e della colecisti nonché alla steatosi epatica (fegato grasso) o ai vari tipi di patologie gastroenteriche (diverticolosi del colon, sindrome del colon irritabile, malattia da reflusso gastroesofageo, celiachia), etc.
Nella pratica medica quotidiana, prescrivere un piano dietetico dovrebbe essere una costante nell’approccio terapeutico completo e diversificato della patologia umana. Obiettivo principale è prevenire l’insorgenza della malattia, se e quando possibile, agendo su quei fattori di rischio modificabili nell’intento di esporre la popolazione a una minore probabilità di sviluppare quella patologia; ma, anche quando il paziente è già malato, la dieta può rappresentare un valido aiuto sostitutivo e/o integrativo alla terapia farmacologica nel complesso management sanitario della patologia umana.
Non trascurabile, inoltre, sarebbe il vantaggio economico per il SSN in termini di risparmio di spesa farmaceutica (riduzione del dosaggio e/o sospensione dei farmaci) e gestionale sanitaria delle complicanze acute e croniche (minore ospedalizzazione e/o riduzione dei tempi di degenza media).
In conclusione, gli studi epidemiologici e osservazionali dimostrano inequivocabilmente una preoccupante diffusione di malattie strettamente legate a una scorretta dieta (intesa nel senso olistico del termine) con conseguente incremento della spesa sanitaria per la gestione delle stesse e delle loro complicanze; nell’ambito, dunque, di un integrato e diversificato approccio terapeutico nella prevenzione e gestione di tali patologie ruolo fondamentale riveste la prescrizione di norme dietetiche adeguate che si tradurrebbero, innanzitutto, in un beneficio per il paziente e, in secondo luogo, per le casse del nostro Sistema Sanitario Nazionale.