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POLIMIOSITE DERMATOMIOSITE

By 23 Luglio 2014Gennaio 28th, 2019No Comments

Cosa sono?

Le miositi sono malattie infiammatorie autoimmuni croniche della muscolatura striata, e talora della cute, ad eziologia sconosciuta, che appartengono alla categoria delle connettiviti.
Il gruppo “storico” comprende, oltre alla Dermatomiosite [DM] (dal greco: infiammazione di pelle e muscolo) e alla Polimiosite [PM] (=infiammazione di molti muscoli) dell’adulto, le forme giovanili (con insorgenza non oltre i 17 anni), la miosite associata ad altre connettiviti e la forma associata a neoplasie. Oltre a queste, negli ultimi anni sono state individuate altre forme: la Miosite da corpi inclusi (chiamate così per i caratteristici riscontri bioptici; v. in seguito), ad insorgenza senile e con andamento subdolo, la sindrome anti sintetasica, caratterizzata dalla presenza di specifici anticorpi e accompagnata da un quadro clinico caratteristico e la Dermatomiosite amiopatica che a fianco del caratteristico quadro cutaneo non manifesta interessamento clinico muscolare per un periodo di tre anni dalla diagnosi; infine va ricordata la miosite necrotizzante, forma caratterizzata da un impegno clinico anche molto severo e dall’assenza di infiltrato infiammatorio ed una elevata proporzione di fibre muscolari necrotiche alla biopsia.

 Quale la loro frequenza? 
Sono malattie rare, con incidenza che varia da 1 a 12 nuovi casi all’anno per milione di abitanti. Per rendere l’idea corrisponde ad 1/4 dei casi di Lupus Eritematoso Sistemico, a 1/2 della Sclerosi Sistemica e ad 1/50 dell’Artrite Reumatoide. La prevalenza varia da 5 ai 10 casi per 100000 abitanti.
In realtà, proprio per il fatto che si tratta di malattie rare, e quindi ancora poco conosciute, è probabile che tali dati siano sottostimati, dal momento che un significativo numero di pazienti verosimilmente sfugge alla diagnosi e alla ospedalizzazione.
Sebbene le miopatie infiammatorie possano insorgere in qualsiasi età sono stati osservati due picchi, uno sotto i 20 anni di età ed uno in pazienti tra i 55 e i 69 anni. Il rapporto femmine: maschi è di 2.5: 1.

Quale la causa? 
La causa è tuttora sconosciuta. Numerosi dati suggeriscono una componente o almeno una predisposizione genetica a cui si sovrappongono dei fattori ambientali, infettivi (Enterovirus, HIV, Cytomegalovirus, Parvovirus B19, HCV (virus epatite C), Borrelia burgdorferi) o tossici. Tra questi ultimi non vanno dimenticati alcuni farmaci, come ad esempio gli ipocolesterolemizzanti orali (fibrati e statine) che negli anni scorsi hanno fatto parlare di sé proprio per alcuni casi di tossicità muscolare, che il più delle volte si manifesta con dolore muscolare ed elevazione degli enzimi muscolari, ma nei casi più severi può arrivare ad una vera miosite.

 Quali le manifestazioni cliniche?
Il sintomo guida più frequente all’esordio, e il più caratteristico, è la debolezza dei muscoli prossimali degli arti, lamentata nell’ 80 % dei casi; molto frequente è anche la debolezza generale, mentre più rari sono altri sintomi generali come febbricola, cefalea e calo ponderale.

 MUSCOLO 
La debolezza muscolare, in genere simmetrica e prevalentemente a carico della muscolatura prossimale degli arti, anche se, ad eccezione dei muscoli oculomotori, possono essere coinvolti tutti i distretti muscolari, compresi quelli della respirazione, deglutizione e fonazione. La muscolatura distale degli arti è comunque raramente interessata in corso di Dermato-Polimiosite a differenza di quanto avviene nella Miosite da corpi inclusi. L’ esordio è in genere subdolo e va aggravandosi durante un periodo di settimane, mesi o, nel caso della miosite da corpi inclusi, addirittura anni.
Alla debolezza possono accompagnarsi dolori muscolari diffusi nei distretti coinvolti e fatica. Il paziente diventa incapace a salire le scale, ad alzarsi dalla posizione seduta o accucciata o ad alzare le braccia per pettinarsi o farsi la barba. La dolorabilità alla palpazione del muscolo è variabile.
Una difficoltà alla deglutizione e sintomi di aspirazione ab ingestis possono riflettere un interessamento della muscolatura striata del faringe o dell’esofago superiore.

CUTE 
Specifiche della Dermatomiosite, anche se presenti solo in circa il 30 % dei casi, sono le papule di Gottron. Si tratta di papule o placche rosso-violacee, leggermente rilevate, presenti al di sopra delle prominenze ossee, soprattutto sulla superficie estensoria delle articolazioni delle mani, sui gomiti, sulle ginocchia e sui malleoli interni delle caviglie.
Il rash eliotropo, presente in non più del 25 % dei pazienti, è caratterizzato da una colorazione bruno-violacea delle palpebre superiori accompagnata talora da edema, con distribuzione simmetrica; secondo alcuni autori può essere correlato all’andamento clinico della malattia. Simile al precedente e presente in circa il 40 % dei casi è il “segno dello scialle”, chiamato così perché colpisce la fronte, il collo, le spalle, il tronco e il viso. Quando la stessa manifestazione è localizzata alla regione anteriore del collo ed alla parte superoanteriore del torace prende il nome di “V sign”. In entrambi i casi le lesioni possono risultare fotosensibili.
Lesioni meno specifiche possono prodursi al cuoio capelluto con una alopecia non cicatrizzante, di solito in concomitanza o in seguito a riacutizzazioni della miosite oppure ancora con placche rilevate che assomigliano a lesioni psoriasiche o alla dermatite seborroica.
Il fenomeno di Raynaud (= variazione del colore della cute, in genere delle dita, che diventa prima bianca, poi bluastra ed infine rossa, in seguito a vasospasmo provocato dal freddo o vibrazioni od emozione) è riportato in generale nel 35 % dei casi.
La calcinosi è una manifestazione molto più frequente nella dermatomiosite dell’infanzia, rispetto alla forma dell’adulto, dal momento che nei bambini e adolescenti può colpire dal 30 al 70 % dei pazienti. Consiste iella comparsa di noduli sottocutanei di color bianco-giallastro, della grandezza di alcuni millimetri di diametro, ma estremamente dolorosi, che in genere crescono sulle prominenze ossee o nella sede di traumi ripetuti; tali noduli sono formati da depositi di calcio che possono fuoriuscire attraverso la superficie cutanea ed essere soggetti ad infezioni sovrapposte.

In generale il decorso delle manifestazioni cutanee non è parallelo a quello della malattia muscolare in quanto può precederla anche di anni e può persistere anche dopo il controllo o la scomparsa della miosite, rimanendo per molto tempo l’unico segno di malattia.
Nella sindrome anti sintetasica caratteristica è la mano da macchinista (v. in seguito).

MANIFESTAZIONI ARTICOLARI
L’interessamento articolare a tipo artralgie e/o poliartrite è presente in circa il 25 % dei pazienti ed è più frequente nelle forme overlap con altre connettiviti e nella sindrome antisintetasica. Comunemente si tratta di artralgie generalizzate, accompagnate da rigidità mattutina, anche se può occorrere un’artrite simmetrica, non deformante, di solito transitoria; mani, polsi, gomiti, ginocchia e caviglie sono le sedi più frequentemente coinvolte. Normalmente l’impegno articolare si manifesta nelle fasi precoci della malattia e risponde comunque bene alla terapia per la sottostante malattia muscolare.
In corso di sindrome anti sintetasica l’artrite può divenire cronica e deformante anche se raramente erosiva.

 MANIFESTAZIONI POLMONARI
L’impegno polmonare varia per tipo e per gravità fino ad essere, in alcuni casi, la più importante manifestazione della malattia, che ne condiziona seriamente la prognosi. Il quadro più tipico è quello dell’interstiziopatia polmonare (=ispessimento del tessuto polmonare tra un alveolo e l’altro tale da poter rendere difficili gli scambi gassosi), spesso associato ad un coinvolgimento esofageo ed alla presenza di anticorpi anti sintetasi (v. in seguito)
Indipendentemente dal tipo di esordio, l’interstiziopatia polmonare può precedere, seguire od insorgere contemporaneamente all’impegno muscolare ed in generale la presenza e la severità del quadro polmonare non è correlata alla gravità del quadro muscolare.

 ALTRE MANIFESTAZIONI
La disfagia (difficoltà alla deglutizione) da interessamento della muscolatura della deglutizione e/o del terzo prossimale dell’esofago (a muscolatura striata) è presente in circa 1/3 dei casi e può complicarsi con aspirazione nell’albero tracheo-bronchiale e comparsa di polmoniti ab ingestis. Tale coinvolgimento è correlato con la severità dell’impegno muscolare ed è responsivo alla terapia steroidea.
Manifestazioni cardiache possono presentarsi in oltre il 50 % dei casi ma solo una piccola percentuale di pazienti è sintomatica. Anormalità elettrocardiografiche sono evidenti nel 40 % dei pazienti. 
I disturbi del ritmo e della conduzione sono i più frequenti seguiti dalla cardiomiopatia.

 ALTRE MANIFESTAZIONI
L’associazione tra neoplasia e miosite è sempre stata motivo di controversie fin dalla pubblicazione del primo caso nel 1916. La presenza di neoplasia è segnalata nel 7-30 % dei pazienti e l’associazione è certa con la DM, ma non con la PM. Il rischio di neoplasia inoltre è maggiore in pazienti con un’età maggiore di 50 anni al momento della diagnosi di DM. La natura paraneoplastica troverebbe conferma nelle segnalazioni di risoluzione delle manifestazioni cutanee e muscolari in seguito a trattamento della neoplasia, e dalla loro ricomparsa in caso di recidiva. Tutti i tipi di neoplasia possono risultare correlati, riflettendo la prevalenza nella popolazione della stessa età, ma sembra esistere una maggior frequenza di neoplasie ovariche.
I fattori che devono indurre il sospetto di neoplasia sono l’età avanzata, il sesso femminile, la presenza di una malattia resistente alla terapia e recidivante, in particolare se con rash cutaneo esteso e atipico o con prurito severo. Molti autori raccomandano l’esecuzione di una mammografia ed una valutazione pelvica, completa di visita ginecologica, ecografia transvaginale e controllo routinario del CA 125 nelle donne, uno screening per il cancro della prostata nell’uomo più una radiografia del torace e una valutazione dell’addome in tutti i pazienti.

Miosite da corpi inclusi
Considerata una polimiosite a tutti gli effetti fino agli anni ’70, in seguito è stata tenuta distinta da questa, venendo riconosciuta come entità specifica per le sue peculiarità cliniche e istopatologiche. L’esordio è particolarmente insidioso con una latenza media di circa 6 anni tra la comparsa dei sintomi e la sua diagnosi. Colpisce prevalentemente pazienti al di sopra dei 50 anni con un rapporto maschi – femmine di 2:1.
Il sintomo principale è la debolezza, che coinvolge sia la muscolatura prossimale che distale degli arti, con un precoce interessamento dei flessori dell’avambraccio, della mano e del quadricipite. Si arriva a difficoltà della deambulazione con frequenti cadute. L’atrofia muscolare è un riflesso della cronicità della malattia e costituisce spesso un aspetto tipico di questi pazienti. Un’altra manifestazione frequente è la difficoltà alla deglutizione che colpisce oltre il 60 % dei soggetti durante il decorso della malattia.
Il livello del CPK sierico varia da valori normali ad un aumento fino a 5 volte il valore massimo della norma, mentre l’elettromiografia dimostra un quadro tipico di miosite.
La diagnosi comunque viene confermata dalla biopsia.

Sindrome antisintetasica 
E’ caratterizzata dalla presenza di anticorpi anti sintetasi, associata ad un esordio acuto di Polimiosite/Dermatomiosite, interstiziopatia polmonare e, nella maggior parte dei casi, febbre, “mani da meccanico”.poliartrite non erosiva e fenomeno di Raynaud 
Tra gli anticorpi l’anti Jo-1 è in assoluto il primo, il più noto e il più comune anticorpo associato a questa malattia, dal momento che viene riscontrato in circa il 20-30 % dei pazienti con PM e nel 2-10 % di quelli con DM. Inoltre è l’unico che viene testato routinariamente. Oltre a questo si conoscono altri anticorpi anti sintetasi che, tutti insieme, si riscontrano in non più del 10 % dei pazienti con miosite; i più noti sono: l’anti PL-7, l’anti PL-12, anti OJ, anti EJ e l’anti KS. Sembra che la sindrome anti sintetasica classica, con tutte le manifestazioni, non sia associata indistintamente a tutti gli anticorpi anti sintetasi: alcuni infatti, come l’anti EJ, sembrano più frequentemente associati con le manifestazioni cutanee della DM, mentre l’anti PL-7, l’anti PL-12 e l’ anti KS sembrano più associati alla presenza di isolata fibrosi polmonare o artrite, in assenza di altre manifestazioni di miosite.
L’interstiziopatia polmonare, presente nel 50-100% dei pazienti, è la manifestazione che governa la prognosi in quanto è associata con una mortalità del 40 %. La progressione verso la fibrosi è la regola in assenza di trattamento specifico. Le sue caratteristiche comunque non differiscono da quelle della interstiziopatia polmonare in corso di PM.
La mano da meccanico, presente in circa il 71 % dei pazienti con sindrome anti sintetasica, è una caratteristica manifestazione delle dita delle mani, che si presentano con cute ipercheratosica e fissurazioni localizzate prevalentemente sulla superficie laterale. Non è specifica di questa sindrome in quanto è stata riscontrata, anche se con minor frequenza, in pazienti sia senza che con altri anticorpi.

Come viene posta la diagnosi? 

La diagnosi si basa sulla presenza di manifestazioni cliniche tipiche associate a riscontri laboratoristici, strumentali e bioptici.

TEST DI LABORATORIO
I test di laboratorio utilizzati per la diagnosi ed il monitoraggio delle miositi possono essere divisi in 3 categorie:

1.  test per il controllo dello stato generale del paziente e delle sue condizioni cliniche (VES, PCR, emocromo, ecc.)

2.  misurazione della concentrazione degli enzimi e di sostanze derivate dal muscolo (CPK, miosina). Il CPK in particolare è aumentato in circa l’80-90 % dei pazienti con malattia attiva, con valori di circa 10 volte il valore massimo normale, anche se, nei casi più severi, può arrivare fino a 100 volte il valore normale. La valutazione dei livelli di CPK è un metodo tuttora molto in uso per valutare l’attività di malattia; inoltre il più delle volte anticipa di qualche settimana la sintomatologia clinica: i livelli di CPK infatti si riducono da 3 a 8 settimane prima del miglioramento della forza muscolare e si elevano 5-6 settimane prima di una riattivazione della malattia.

3.  test immunologici: gli ANA sono positivi nel 50-80 % dei pazienti e il pattern nucleare “punteggiato” è il più frequente. Alcuni ENA,come gli anti-PM-Scl, gli anti RNP e gli anti Ro/SSA si trovano soprattutto nelle forme di miosite in overlap con altre connettiviti, in particolare con la Sclerosi sistemica e con la sindrome di Siogren. Oltre a questi, che si ritrovano comunemente anche nelle altre connettiviti, vi sono anticorpi specifici per la miosite: anticorpi anti sintetasi, di cui si è già parlato a proposito della sindrome ad essi associata (v.sopra). Anti SRP, presenti nel 4-5 % dei pazienti soprattutto in corso di PM sono correlati a malattia severa, con esordio acuto, e frequente coinvolgimento cardiaco, scarsa risposta alla terapia e frequenti recidive con la diminuzione della posologia, ciò che determina una prognosi estremamente severa. Infatti la sopravvivenza a 5 anni, riportata in alcune casistiche, è intorno al 25 %. Gli anti Mi2, sono segnalati nel 4-5 % e si associano tipicamente alla DM sia giovanile – nella quale costituiscono l’anticorpo miosite specifico di più comune riscontro – che dell’adulto. Le manifestazioni cutanee risultano spesso il quadro dominante e l’aspetto più difficile da trattare. Ciò nonostante i pazienti con questi anticorpi di solito rispondono bene alla terapia ed hanno una prognosi favorevole.       

 

ELETTROMIOGRAFIA
E’ una tecnica molto sensibile anche se non molto specifica per miosite. Quando tipica, mostra una caratteristica triade di alterazioni.

BIOPSIA MUSCOLARE
Può dimostrarsi molto utile ai fini diagnostici ed è l’unica indagine che permette di porre diagnosi di miosite da corpi inclusi; tuttavia il carattere spesso focale (cioè a macchia di leopardo) dell’interessamento muscolare può causare la comparsa di falsi negativi.
Il quadro istopatologico muscolare della DM è differente da quello della PM, sottendendo un differente meccanismo patogenetico: nella prima l’infiltrato infiammatorio è costituito prevalentemente da linfociti B, anziché linfociti T, e si localizza soprattutto in sede pervasale (=attorno ai vasi) e nei setti inter-fascicolari (=tra i fascicoli muscolari), piuttosto che all’interno dei fascicoli stessi; queste caratteristiche inducono a pensare che la degenerazione delle fibre muscolari, nella DM, sia secondaria al danno microvascolare (la deplezione capillare è un evento precoce), mentre nella PM l’epicentro è primitivamente muscolare.
Nella Miosite da corpi inclusi il quadro è molto simile a quello della PM ma vi sono le tipiche inclusioni granulari eosinofile (per questo è chiamata da corpi inclusi) nei nuclei e nel citoplasma delle cellule muscolari.
Infine nella miosite necrotizzante si riscontra un’elevata proporzione di fibre muscolari necrotiche a fronte di un infiltrato infiammatorio modesto o assente. La inclusione di questa forma nelle miositi autoimmuni è confermata dalla espressione sulle fibre non necrotiche dell’antigene di istocompatibilità MHC di classe I oltre che dalla risposta alla terapia steroidea. [Il sistema MHC di classe I permette il riconoscimento di cellule estranee all’organismo (e quindi destinate ad essere eliminate) da quelle proprie: le cellule muscolari di individui sani, così come quelle di pazienti affetti da miopatia non infiammatoria non manifestano, cioè non presentano sulla loro parete cellulare, l’MHC di classe I. Viceversa tutte le fibre muscolari con evidente infiammazione, ma anche le cellule muscolari non ancora invase (dalle cellule dell’infiammazione) esprimono sulla loro parete cellulare questo   complesso. Infatti in queste malattie l’induzione di MHC I nelle fibre muscolari precede l’infiltrazione cellulare.
 L’espressione di MHC I è presente nel 67% delle biopsie di pazienti con DM, nel 61% di PM, nel 96% di Miosite da corpi inclusi e solo nell’ 11% di pazienti con distrofie e 4% in pazienti con disturbi neuromuscolari]

In pratica la diagnosi specifica del tipo di miosite si basa oggi specialmente sul tipo di istologia ed immunoistochimica (espressione MHC classe I) riscontrato nella biopsia muscolare. Esistono dei precisi criteri classificativi internazionali per le singole miositi. Questi criteri peraltro peccano di specifità sovradiagnosticando in particolare la polimiosite. Esiste un gruppo di miositi infiammatorie “non classificabili”.

RISONANZA MAGNETICA
Lo studio in RM del muscolo è molto utile per valutare l’estensione dell’interessamento muscolare, l’attività di malattia ed il danno indotto. E’ possibile evidenziare sia uno stato di edema del muscolo, suggestivo di flogosi o di necrosi muscolare e quindi di attività di malattia, sia l’atrofia muscolare e l’infiltrazione adiposa del muscolo come misura del danno muscolare. Inoltre è da segnalare che la RM può essere utile per individuare le zone interessate dalla malattia per poi effettuare una biopsia muscolare “mirata”.

VALUTAZIONE DELL’IMPEGNO POLMONARE
La radiografia convenzionale del torace non è in grado di evidenziare alterazioni fino agli ultimi stadi di malattia, quando ormai l’interstiziopatia ha raggiunto il grado di fibrosi polmonare; pertanto tale esame non è di aiuto nella diagnosi, né nel monitoraggio.
L’HRCT (TC torace ad alta risoluzione) invece è una tecnica estremamente sensibile per lo studio dell’impegno polmonare. Con tale tecnica è possibile distinguere, analogamente a quanto rilevabile nell’interstiziopatia polmonare associata ad altre connettiviti e nelle forme idiopatiche, diversi tipi di lesioni, alcune delle quali, come l’aspetto a “vetro smerigliato”, sono ritenute espressione prevalente di alveolite in fase attiva, mentre altre, come l’irregolarità dei margini pleurici, l’ispessimento dell’interstizio e soprattutto il cosiddetto polmone “ad alveare” sono espressione di quadri di fibrosi già costituita.
La valutazione dell’impegno polmonare comprende anche prove di funzionalità respiratoria con diffusione del CO) alle quali possono affiancarsi indagini radioisotopiche (scintigrafia polmonare con gallio, studio della clearance alveolare, ecc) e, in casi selezionati, la valutazione, previa broncoscopia, del liquido di lavaggio bronchiolo-alveolare per tipizzare il tipo di alveolite presente.

Quale la diagnosi differenziale?
Quale la prognosi?
Le più comuni forme di debolezza muscolare, dalle quali le miositi infiammatorie devono essere differenziate, sono quelle dovute ad alterazioni del sistema nervoso o della giunzione neuromuscolare (ad es. le malattie autosomiche recessive che portano a degenerazione progressiva delle cellule delle corna anteriori del midollo, la sclerosi laterale amiotrofica, la miastenia gravis) e tutto il gruppo delle malattie metaboliche del muscolo; in particolare con queste ultime la diagnosi differenziale può essere più difficile, tanto che talvolta nemmeno la biopsia muscolare è dirimente. Comunque verso queste patologie orientano la storia familiare e clinica, l’esordio lento ed insidioso e l’assenza di segni sistemici.
Un altro gruppo importante in diagnosi differenziale è quello delle malattie endocronologiche ed in particolare la forma legata ad ipotiroidismo.

La prognosi è diversa a seconda del tipo di forma. A grandi linee si può dire che:

1.  Le forme overlap (forme associate ad altre connettiviti) hanno buona risposta terapeutica e buona prognosi
2.  La DM ha buona risposta alla terapia e moderata prognosi
3.  La PM ha discreta risposta alla terapia e moderata prognosi tendendo maggiormente a recidivare
4.  La miosite associata a neoplasia ha moderata risposta alla terapia; la prognosi è legata alla neoplasia sottostante
5.  La miosite da corpi inclusi ha scarsa risposta alla terapia e scarsa prognosi

Quale la terapia? 
L’iniziale approccio terapeutico è un punto critico determinante sia per il successivo decorso che per la prognosi. I cortisonici rimangono il trattamento di scelta. La dose iniziale utilizzata varia in funzione della severità della malattia e del rischio di tossicità per il paziente. Il regime terapeutico più consolidato prevede la somministrazione orale giornaliera di dosi elevate (0.5-1 mg/kg/die di Prednisone) per almeno 1-3 mesi, fino ad ottenere una normalizzazione del CK (di solito in 1-2 mesi) ed il miglioramento clinico. Solo nei casi più lievi si può iniziare con dosi inferiori a 0.5 mg/kg/die. La posologia viene in seguito ridotta del 20-25 % ogni 3-4 settimane fino ad arrivare ad una dose di mantenimento di 5-10 mg/die. In caso di riacutizzazione non si deve tornare alla dose iniziale, ma è consigliabile aumentare fino al dosaggio minimo che permette il controllo della malattia. Nei casi severi o con gravi manifestazioni extramuscolari, come l’impegno polmonare o cardiaco, in cui è necessario un più rapido controllo della malattia, vengono utilizzati steroidi e.v. ad alte dosi.
Per la frequente mancata risposta anche a dosi elevate, o per la comparsa di inaccettabili effetti collaterali della terapia steroidea, o per l’impossibilità di ridurre la dose di steroide a causa di riaccensioni della malattia, viene di solito aggiunto un farmaco immunosoppressore, spesso già al momento della diagnosi.
Il methotrexate (10-15 mg/kg/settimana per os o i.m.) o l’azatioprina (1.5-2 mg/kg/die), da soli o tra loro in combinazione, sono le opzioni terapeutiche più utilizzate, mentre la ciclosporina (3-5 mg/kg/die) gode di buona considerazione non solo per il trattamento della miosite, ma anche della interstiziopatia polmonare.
La ciclofosfamide (1-2 mg/kg/die) viene, in genere, riservata al trattamento dell’interessamento polmonare. Le immunoglobuline e.v. ad alte dosi (IVIg) possono risultare efficaci soprattutto nei casi di DM, nelle forme giovanili e in pazienti con immunodeficienza, anche se l’efficacia sembra essere di durata relativamente breve e tende a ridursi nel tempo. Pertanto l’utilizzo viene raccomandato solo in situazioni acute, in attesa che altre terapie facciano effetto. 
In casi molto severi con particolare impegno respiratorio e cardiaco può essere usata la plasmaferesi. 
Un altro farmaco che ha dato buoni risultati in casi refrattari è il micofenolato mofetil; l’uso dei farmaci biologici anti TNF alfa è anedottico. 
Per le manifestazioni cutanee il farmaco più usato è l’idrossiclorochina, spesso associata a steroidi per via sistemica o topica.
Un discorso a parte va fatto per la miosite da corpi inclusi, malattia con una risposta talmente scarsa alla terapia, che alcuni autori consigliano addirittura di evitare qualsiasi trattamento. Più prudentemente però la maggior parte di essi consiglia di effettuare un tentativo con prednisone (0.5 mg/kg/die) associato a methotrexate (10 mg/settimana), almeno nei casi in cui la condizione non sia troppo avanzata ed il rischio degli effetti collaterali non troppo elevato. Altri autori raccomandano di somministrare anche sostanze anabolizzanti e coenzima Q (30 mg per 3 volte/die) e di associare un programma di esercizi isometrici per mantenere il più possibile la performance muscolare.

E’ utile la terapia fisica?
E’ ancora tema di dibattito se l’esercizio fisico possa peggiorare o meno il danno in un muscolo già sede di infiammazione; comunque, anche se non tutti gli autori sono concordi, il riposo è raccomandato durante i periodi di infiammazione attiva. Restano indicati gli esercizi passivi per mantenere l’escursione articolare ed evitare contratture, in particolare nei giovani. Durante la fase di remissione, può essere iniziata la chinesiterapia attiva.

RIASSUNTO
MIOSITI = malattie infiammatorie croniche autoimmuni della muscolatura striata, e talora della cute.
Malattie rare: incidenza da 1 a 12 nuovi casi all’anno per milione di abitanti
                         prevalenza da 5 ai 10 casi per 100000 abitanti.
CAUSA: sconosciuta; probabile predisposizione genetica a cui si sovrappongono fattori ambientali (infettivi, tossici, ecc)
 CLINICA: debolezza muscolare, simmetrica e prevalentemente a carico della muscolatura prossimale degli arti (anche se potenzialmente tutti i distretti muscolari possono essere impegnati); esordio subdolo e lento. Possibili dolori muscolari.
Cute: papule diGottron (placche rosso-violacee, leggermente rilevate, sopra alle prominenze ossee); rash eliotropo (colorazione bruno-violacea delle palpebre superiori con possibile edema); se il rash è a fronte, spalle, collo e volto si chiama segno dello scialle; se al decolteè si chiama V sign; Fenomeno di Raynaud; calcinosi; mano da macchinista.
Altro: interstiziopatia polmonare (impegno molto importante che spesso condiziona la prognosi); artrite o artalgie; disfagia; disturbi del ritmo cardiaco.
Miosite da corpi inclusi: esordio sopra i 50 anni; esordio lento, interessamento anche della muscolatura distale degli arti; quadro bioptico specifico; scarsa risposta alla terapia
Sindrome anti sintetasica: presenza di anticorpi anti sintetasi, esordio acuto, interstiziopatia polmonare, febbre, mani da meccanico, poliartrite non erosiva, fenomeno di Raynaud.
Associazione a neoplasia: nel 7-30 % dei pazienti con miosite, in particolare in quelli con dermatomiosite e con età elevata; spesso l’esordio della neoplasia è successivo alla miosite, anche di molti mesi.
 DIAGNOSI: basata su manifestazioni tipiche associate a riscontri laboratoristici (CPK, anticorpi), strumentali (Elettromiografia, Risonanza Magnetica) e bioptici (fondamentale per la diagnosi e anche per caratterizzare il sottotipo). Importante è indagare l’impegno d’organo (in particolare l’interessamento polmonare che spesso condiziona la prognosi).
 DIAGNOSI DIFFERENZIALE: con tutte le forme di debolezza muscolare, in particolare malattie del sistema nervoso o della giunzione neuromuscolare, malattie metaboliche, malattie endocrine (soprattutto ipotiroidismo)
 PROGNOSI: varia a seconda delle diverse forme e dell’impegno polmonare
 TERAPIA: steroidi ad alte dosi restano il trattamento di prima scelta; altri farmaci utili sono: Methotrexate, Azatioprina, Ciclosporina, Ciclofosfamide, Immunoglobuline e.v., Plasmaferesi, Micofenolato mofetil.