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NeurologiaNews

Sclerosi Multipla

By 24 Luglio 2014Gennaio 28th, 2019No Comments

DESCRIZIONE

La sclerosi multipla (SM), o sclerosi a placche, è una malattia a decorso cronico della sostanza bianca del sistema nervoso centrale.

Nella sclerosi multipla si verificano un danno e una perdita di mielina in più aree (da cui il nome «multipla») del sistema nervoso centrale. Queste aree di perdita di mielina (o «demielinizzazione») sono di grandezza variabile e prendono il nome di placche.
Alla base della SM dunque vi è un processo di demielinizzazione che determina danni o perdita della mielina e la formazione di lesioni (placche) che  possono evolvere da una fase infiammatoria iniziale a una fase cronica, in cui assumono caratteristiche simili a cicatrici, da cui deriva il termine «sclerosi».

Nel mondo, si contano circa 2,5-3 milioni di persone con SM, di cui 600.000 in Europa e circa 68.000 in Italia. La distribuzione della malattia non è uniforme: è più diffusa nelle zone lontane dall’Equatore a clima temperato, in particolare Nord Europa, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Australia del Sud. La prevalenza della malattia al contrario sembra avere una progressiva riduzione con l’avvicinarsi all’Equatore.
La SM può esordire a ogni età della vita, ma è diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni e nelle donne, che risultano colpite in numero doppio rispetto agli uomini.
Per frequenza, nel giovane adulto è la seconda malattia neurologica e la prima di tipo infiammatorio cronico.

CLASSIFICAZIONE

L’evoluzione nel tempo della malattia varia da persona a persona, è possibile individuare fondamentalmente quattro forme di decorso clinico (a ricadute e remissioni, secondariamente progressiva, primariamente progressiva e progressiva con ricadute) a cui si aggiunge una quinta forma caratterizzata da un andamento particolare, detta ‘SM benigna’.

La SM benigna presenta alcune peculiarità rispetto a tutte le altre forme: non peggiora con il passare del tempo e, in genere, esordisce con uno o due episodi acuti, che presentano un recupero completo, senza lasciare disabilità. Questa forma di SM può anche essere individuata quando è presente una minima disabilità per 15 anni dalla data di esordio. In generale la SM benigna tende a essere associata a sintomi sensitivi (parestesie) o visivi (neurite ottica). È difficile stabilire l’esatto numero di persone con SM benigna, alcuni studi avrebbero evidenziato che circa il 20% delle forme di SM con diagnosi clinica sono benigne, mentre altri ricercatori ritengono che la percentuale di forme benigne sia superiore al 20-30%.



Le altre forme cliniche sono rappresentata dalla:

  • sclerosi multipla a decorso recidivante-remittente (SM-RR) : circa l’85% delle persone con SM ha inizialmente questa forma di SM, nella quale si presentano episodi acuti di malattia (detti ‘poussè’ o ‘ricadute’, che insorgono nell’arco di ore o giorni e sono destinati a regredire del tutto o in parte in un tempo variabile) alternati a periodi di benessere (definiti ‘remissioni’).
  • sclerosi multipla secondariamente progressiva (SM-SP), che si sviluppa come evoluzione della forma recidivante-remittente, è caratterizzata da una disabilità persistente che progredisce gradualmente nel tempo. Circa il 30-50% delle persone con SM, che inizialmente hanno una forma recidivante-remittente, sviluppano entro 10 anni circa una forma secondariamente progressiva.
  • sclerosi multipla primariamente progressiva (SM-SP),  invece, è caratterizzata dall’assenza di vere e proprie ricadute; le persone (meno del 10%) presentano, fin dall’inizio della malattia, sintomi che iniziano in modo graduale e tendono a progredire lentamente nel tempo.
  • sclerosi multipla a decorso progressivo con ricadute, circa il 5% delle persone oltre a presentare un andamento progressivo dall’inizio manifestano anche episodi acuti di malattia, con scarso recupero dopo l’episodio.

Non vi è alcun esame che possa prevedere con assoluta certezza, fin dai primi sintomi, quale sarà il decorso a lungo termine della SM nel singolo individuo; solo un monitoraggio attento che analizzi gli aspetti specifici della malattia nel singolo caso permetterà di formulare un’indicazione di prognosi più precisa. In ogni caso, indipendentemente dalla forma della malattia, la durata della vita delle persone con SM non è sostanzialmente differente da quella degli altri. Per chi, inoltre, riceva oggi la diagnosi di SM e abbia un approccio corretto e consapevole alla malattia, le probabilità di raggiungere un grado significativo di disabilità si sono di molto ridotte rispetto al passato e sono aumentate, viceversa, le probabilità di poter godere a lungo di una buona qualità di vita personale, lavorativa e sociale.

CAUSE

La ricerca delle cause e dei meccanismi che scatenano la SM è ancora in corso. 
Alla base della perdita di mielina c’è un’alterazione nella risposta del sistema immunitario che, in condizioni normali, ha il compito di difendere l’organismo da agenti esterni, principalmente virus e batteri. 
Il sistema immunitario esercita questo controllo attraverso linfociti, macrofagi e altre cellule che circolano nel sangue e che, in caso di necessità, attaccano e distruggono i microrganismi estranei, sia direttamente sia attraverso la liberazione di anticorpi e altre sostanze chimiche. 
Nella SM il sistema immunitario attacca i componenti del sistema nervoso centrale scambiandoli per agenti estranei. Questo meccanismo di danno si definisce «autoimmune» o, più in generale, «disimmune».

Uno dei principali bersagli della risposta immunitaria alterata è la “proteina basica della mielina” che, come dice il nome, è uno dei costituenti della mielina stessa. 
Le cellule del sistema immunitario attraversano le pareti dei vasi sanguigni, superando la barriera emato-encefalica, e penetrano nel sistema nervoso centrale causando infiammazione e perdita di mielina.
La barriera emato-encefalica è una rete di capillari, che divide la circolazione sanguigna del cervello dal resto del torrente circolatorio, impedendo alla maggior parte delle sostanze e delle cellule di entrare nel sistema nervoso centrale. Le cause di questa alterazione nel funzionamento del sistema immunitario sono molte e sono argomento di innumerevoli ricerche.
Nell’insorgenza della SM, giocano un ruolo fondamentale alcuni fattori come:


– l’ambiente e l’etnia (clima temperato, latitudine, origine caucasica, agenti tossici, livelli bassi di vitamina D);

– l’esposizione ad agenti infettivi (virus, batteri) soprattutto nei primi anni di vita;


una predisposizione genetica.
Sarebbe l’insieme di più fattori a innescare il meccanismo autoimmunitario alla base dell’insorgenza dei sintomi (origine multifattoriale).



La SM non è una malattia infettiva e non si trasmette da individuo a individuo.
Analogamente, predisposizione genetica non significa che la SM sia ereditaria o che venga trasmessa dai genitori ai figli con i propri cromosomi. 
Studi epidemiologici hanno riscontrato una maggiore frequenza della patologia in componenti dello stesso nucleo familiare, ma l’incidenza è molto bassa in termini assoluti: figli e fratelli o sorelle di persone con SM hanno infatti una percentuale trascurabile (3-5%) di maggiore rischio, rispetto ai familiari di persone senza sclerosi multipla, di sviluppare la malattia. Un esempio significativo per chiarire la componente genetica nella SM è il caso dei gemelli: mentre nei gemelli omozigoti, che condividono lo stesso corredo genetico, l’aumento del rischio di malattia è di circa il 30%, nei gemelli eterozigoti (cioè con patrimonio genetico non identico) la probabilità scende al 4% circa. 
Tutto questo indica che la SM non è una malattia genetica in senso stretto.

SEGNI E SINTOMI

La SM può presentarsi in vari modi, infatti i sintomi della sclerosi multipla possano variare da persona a persona, e in uno stesso individuo ve ne sono alcuni che si ripetono in maniera più frequente, in particolare all’esordio. 



Tra questi, i più ricorrenti sono:

  • disturbi visivi: intesi come un calo visivo rapido e significativo o uno sdoppiamento della vista o come movimenti non controllabili dell’occhio;
  • disturbi della sensibilità: rilevanti e persistenti formicolii, sensazione di intorpidimento degli arti o perdita di sensibilità al tatto, difficoltà a percepire il caldo e il freddo;
  • fatica e debolezza: percepita come difficoltà a svolgere e a sostenere attività anche usuali, perdita di forza muscolare.

I sintomi possono presentarsi singolarmente oppure simultaneamente, senza un criterio prestabilito. 
Se non opportunamente riconosciuti, i sintomi riferibili alla SM possono creare ansie e timori e condurre ad accertamenti non necessari. Nello stesso tempo, non è raro che la persona con SM e chi vive con lei attribuisca ogni piccolo disturbo organico alla malattia, anche se il sintomo non è associato a essa. Proprio per questi motivi, sono essenziali una corretta interpretazione dei sintomi, una buona relazione fra medico e paziente e la programmazione di regolari visite neurologiche di controllo.

DIAGNOSI

Per arrivare alla diagnosi della SM per il momento non è disponibile un singolo test in grado di confermare in modo certo e indiscutibile la diagnosi di SM.



La diagnosi viene formulata dal medico sulla base di tre elementi:

  • i sintomi riferiti dal paziente
  • l’esame neurologico
  • le analisi strumentali (risonanza magneticapotenziali evocati) e biologiche (sangue e liquido cerebrospinale).

L’insieme dei risultati e un’osservazione clinica prolungata permettono di confermare o escludere la presenza della SM. Con l’obiettivo di velocizzare la diagnosi della SM senza comprometterne l’accuratezza, sono stati stilati da un gruppo internazionale di neurologi i criteri diagnostici di riferimento, aggiornati periodicamente in base al progredire delle conoscenze scientifiche.
Gli esami strumentali hanno un ruolo fondamentale nel generare la diagnosi di SM, anche se non possiedono, in quanto tali, un valore definitivo. Di conseguenza i risultati devono essere interpretati insieme con la storia clinica e l’esito della visita neurologica. 


RICADUTE

I sintomi della SM sono dovuti all’interruzione nella conduzione degli impulsi nervosi in corrispondenza delle aree di perdita di mielina. A seconda della sede dell’infiammazione, compariranno sintomi diversi. Anche l’intensità e la durata possono variare in base all’entità, all’estensione del danno alla mielina e al grado di riparazione. Una delle definizioni correnti di ricaduta è l’apparire acuto o sub-acuto di un’anormalità neurologica della durata di 24 ore, in assenza di febbre e infezioni.

Nella SM, la comparsa di nuovi sintomi, o l’aggravamento di sintomi esistenti, si associa, di solito, all’infiammazione e alla demielinizzazione del cervello o del midollo spinale.
L’intervallo che intercorre tra due ricadute è variabile, ma soprattutto imprevedibile, perché può andare da alcune settimane ad alcuni anni. Inoltre è tutt’oggi impossibile prevedere una ricaduta e conoscerne le sue cause.



Il termine ricaduta ha alcuni sinonimi – attacco, poussé, recidiva, riacutizzazione, peggioramento – con cui è utile prendere confidenza perché vengono anch’essi utilizzati. La questione di quali fattori scatenino o possano prevenire la comparsa di una ricaduta è estremamente dibattuta.
Al momento, comunque, nessuna ricerca clinica ha stabilito con esattezza quali siano le possibili cause. Sono stati ipotizzati traumi (compresi gli interventi chirurgici), stress, vaccinazioni e infezioni. Gli studi svolti in questo settore non hanno fino a oggi dimostrato che traumi o stress rendano più frequente l’insorgenza di una ricaduta.
 Nella maggior parte dei casi, una recidiva tende a risolversi in modo spontaneo. Spesso, tuttavia, viene utilizzata una terapia a base di steroidi ad alte dosi (il cosiddetto bolo steroideo), somministrata per pochi giorni, per contrastare la durata e la gravità della ricaduta.

SINDROME CLINICAMENTE ISOLATA (CIS)

Con il termine CIS (Clinically Isolated Syndrome) o sindrome clinicamente isolata si intende la comparsa di un episodio neurologico (sintomo o segno), che duri almeno 24 ore e che sia compatibile con una malattia demielinizzante del sistema nervoso centrale. 
Una persona con una CIS può avere un solo singolo sintomo neurologico come per esempio una neurite ottica retrobulbare, causato da una singola lesione, o più segni o sintomi contemporanei, causati da più lesioni cerebrali. Nel primo caso si parla di CIS monofocale, nel secondo di CIS multifocale. I soggetti con una CIS non svilupperanno necessariamente la SM. Tale rischio, infatti, dipende da molteplici fattori come per esempio il tipo di CIS, infatti la forma multifocale ha un rischio di conversione maggiore, dal numero di lesioni alla Risonanza Magnetica del cervello e del midollo spinale, al tipo di lesioni ed alla loro sede.

Alcuni recenti studi internazionali hanno dimostrato che è utile iniziare la terapia con interferone beta già dopo il primo attacco riferibile a sclerosi multipla qualora, all’esame di risonanza magnetica, siano rilevabili caratteristiche compatibili con la malattia. Questo trattamento precoce può  ridurre anche notevolmente il rischio di sviluppare una SM clinicamente definita.

SINTOMI COMUNI

Alcuni sintomi sono più frequenti rispetto ad altri, in generale comunque le persone con SM presentano differenti sintomi in base alla diversa possibile localizzazione delle lesioni nel sistema nervoso centrale. La frequenza dei sintomi può aumentare in genere con la gravità e la durata della malattia anche se, in alcuni casi, non vi sono chiare correlazioni. La maggior parte dei sintomi dovuti alla SM può essere affrontata e trattata con successo attraverso terapie farmacologiche specifiche e non farmacologiche, tra cui ha un ruolo fondamentale la riabilitazione.

  • Disturbi intestinali: problemi abbastanza comuni che possono manifestarsi come stipsi e incontinenza fecale; nel primo caso si verificherà una difficoltà a svuotare tutto o parte dell’intestino espellendo le feci mentre nel secondo caso vi sarà l’incapacità di trattenere gas o feci senza la consapevolezza da parte del paziente o senza la contrazione volontaria dei muscoli sfinterici.
  • Disturbi vescicali: sintomi molto comuni che comprendono: urgenza minzionale (comparsa di un irresistibile bisogno di urinare), incontinenza urinaria (perdita involontaria di urina, tale da determinare problemi igienici, economici e sociali) e ritenzione urinaria  (presenza di urina nella vescica dopo la minzione o in assenza di essa).
  • Fatica: o astenia, senso di stanchezza estrema, intesa come mancanza di energia e sensazione di essere “esausti” più di quanto è normale attendersi in rapporto al livello di esercizio svolto.
  • Disturbi della sensibilità: sintomi costituiti o da un calo delle sensibilità o da sensazioni alterate (parestesie), fino a sindromi dolorose. La persona può notare una ridotta sensibilità al tatto, al caldo e al freddo, al dolore.
  • Disturbi visivi: rappresentati in particolare dalla neurite ottica, che è uno dei più comuni sintomi d’esordio della malattia, dallo sdoppiamento della visione (diplopia) e dal nistagmo.
  • Dolore: definito dall’organizzazione mondiale della sanità come un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno.
  • Disturbi sessuali: uomini con SM possono lamentare problemi erettili, eiaculazione anticipata o assente. Le donne possono invece avere problemi di perdita di sensibilità della regione genitale.
  • Spasticità: anormale aumento del tono muscolare che ha origine in lesioni sia del cervello sia del midollo spinale.
  • Disturbi cognitivi: sono soprattutto disturbi dell’attenzione, del ragionamento , delle funzioni esecutive, della memoria e della percezione visuo-spaziale mentre il linguaggio è solo raramente compromesso.
  • Depressione: sintomi più comune che nei soggetti altrimenti sani e anche più che nel corso di molte altre malattie croniche.
  • Disturbi della coordinazione: dovuti a un danno del cervelletto e delle vie cerebellari, sono rappresentati da un’alterata fluidità dei movimenti a livello sia degli arti e del tronco, sia dei muscoli della fonazione. Compaiono così disturbi dell’equilibrio, instabilità della marcia, tremore, disturbi dell’articolazione della parola.
  • Disturbi del linguaggio: derivano da debolezza e mancanza di coordinazione della lingua e della muscolatura orale e facciale coinvolta nella produzione di suoni e parole. Dal punto di vista medico i disordini dell’articolazione della parola sono conosciuti come disartrie.
  • Disturbi parossistici: di breve durata e comparsa improvvisa, sono molto tipici della SM ed includono disartria ed atassia parossistica, spasmi tonici e sintomi sensitivi.

 SINTOMI RARI

Questi sintomi si verificano con una frequenza minore rispetto ai sintomi comuni; nonostante ciò il loro trattamento e la loro gestione è estremamente importante ai fini di assicurare una buona qualità di vita.

  • Epilessia: forme di epilessia si manifestano in circa il 5% dei pazienti con SM, e anche se questa associazione è probabilmente spesso casuale ci sono evidenze di una aumentata incidenza di epilessia nelle persone con SM. E’ possibile che le lesioni corticali o sottocorticali favoriscano l’insorgenza di crisi. La terapia si basa sull’uso di antiepilettici.
  • Cefalea:
Alcuni studi hanno indicato che i pazienti con SM hanno una incidenza maggiore di cefalea, in particolare uno studio ha dimostrato una maggiore incidenza di emicrania e di famigliarità per emicrania.
La terapia non si differenzia da quella praticata nelle persone senza SM
  • Udito: la diminuzione e la perdita di udito sono sintomi non comuni nella SM (1% circa dei casi). Nella quasi totalità dei pazienti il problema è dovuto a lesioni delle vie acustiche centrali a livello del tronco encefalico.
Tali sintomi spesso risultano associati ad altri che evidenziano un danno al tronco cerebrale, quella parte del sistema nervoso che contiene i centri che aiutano a controllare la vista, l’udito e l’equilibrio. I deficit uditivi causati dalla SM si pensa siano dovuti a infiammazione e/o a cicatrici attorno all’ottavo nervo cranico (il nervo acustico) nel tratto in cui entra nel tronco cerebrale, anche se placche in altre zone lungo le vie nervose uditive possono pure contribuire ai problemi uditivi. Una sordità dovuta alla SM è estremamente rara.
Visto che i deficit uditivi sono così poco comuni nella SM, quando si verificano dovrebbero essere analizzati con attenzione per escludere altre cause di perdita dell’udito.
  • Disfagia: la disfagia, o difficoltà di deglutire, si manifesta solo nelle forme più gravi di SM, spesso in associazione ad altri sintomi causati da lesione tronco-encefalica. In tali casi il paziente tende a soffocarsi bevendo liquidi o mangiando certi cibi, particolarmente quelli di consistenza friabile. Quando ciò accade il cibo e i liquidi vengono inalati nella trachea invece di scendere dall’esofago allo stomaco e, una volta nei polmoni, possono causare polmoniti o ascessi. I pazienti che manifestano disfagia sono quindi a rischio di malnutrizione, disidratazione o polmoniti ripetute (polmoniti ab ingestis).
La diagnosi della disfagia richiede una valutazione logopedica, che consente anche di impostare un trattamento riabilitativo mirato.
E’ centrale l’educazione alimentare, poiché alcuni tipi di cibi sono piu’ difficili da deglutire corretamente per i pazienti con disfagia.
  • Disturbi della respirazione
I disturbi della respirazione non sono frequenti nei pazienti con SM e solitamente sono presenti nei casi piu’ gravi in cui si ha allettamento. In questi pazienti la debolezza dei muscoli respiratori associata alla immobilità può rendere insufficiente la respirazione.
Assai raramente si possono manifestare ricadute che colpiscono i centri della respirazione a livello del tronco encefalico, con necessità di ventilazione assistita.
E’ stato descritto,ma è anch’esso raro, un progressivo indebolimento dei muscoli respiratori con una dispnea lentamente ingravescente. 
Per la valutazione della funzionalità respiratoria è utile una visita pneumologica completa di studi spirometrici. 
In pazienti con disturbi respiratori possono essere di aiuto esercizi di fisioterapie mirati.

 TERAPIA

Anche se, a oggi, non esistono terapie definitive che eliminino completamente la malattia, esistono però numerosi trattamenti che riducono l’incidenza e la severità degli attacchi nella maggior parte dei casi. 


I principali obiettivi che si pongono le terapie della SM sono:
- abbreviare le ricadute e ridurre la loro gravità (corticosteroidi);

– prevenire le ricadute e prevenire o ritardare la progressione della malattia (farmaci immunomodulanti e immunosoppressori).



In altri termini, i trattamenti impiegati nella sclerosi multipla vengono usati allo scopo di prevenire danni irreversibili alla mielina e agli assoni, che si verificano già nelle fasi iniziali della malattia; per questo motivo è importante agire tempestivamente (trattamento precoce), anche dopo il primo attacco di malattia, se il quadro clinico e neuroradiologico evidenziano già una compromissione anatomica.

Iniziare un trattamento precoce significa:


– evitare accumulo di disabilità e ritardare il passaggio da SM “a ricadute e remissioni” a SM “secondariamente progressiva” prevenire il danno assonale che diversi studi anatomopatologici e nuove tecniche di risonanza magnetica hanno evidenziato realizzarsi anche in fase precoce;


– effettuare, come sottolineato da diversi studi clinici, un trattamento che, in quanto precoce, è più efficace di quello ritardato.



In conclusione, anche se non è ancora stata individuata una cura definitiva per la sclerosi multipla, sono disponibili terapie in grado di modificare favorevolmente il decorso della malattia, ridurre la gravità e la durata degli attacchi e l’impatto dei sintomi.


Le terapie disponibili sono complessivamente in grado di migliorare la prognosi della malattia, permettendo alle persone con sclerosi multipla di condurre una vita per quanto possibile normale.
In considerazione della variabilità della sclerosi multipla e delle caratteristiche specifiche della singola persona, il trattamento deve essere individuato da caso a caso attraverso un rapporto di fiducia tra l’équipe del Centro clinico SM e la persona con sclerosi multipla.

  • Terapie dell’attacco: i farmaci steroidei (corticosteroidi) vengono somministrati per pochi giorni o settimane al momento in cui si verifica un attacco (ricaduta) in modo da ridurne la durata e gli esiti residui. Il miglioramento clinico che essi determinano è rapido ma non duraturo.
  • Terapie a lungo termine: esistono numerosi farmaci, detti immunomodulanti o immunosoppressori, che servono a modificare la progressione della malattia, ridurre la frequenza degli attacchi e l’accumulo di disabilità col tempo. La loro azione protettiva produrrà i suoi effetti nei mesi o negli anni successivi l’inizio del trattamento.
  • Terapie sintomatiche: in questa categoria rientrano sia le terapie farmacologiche che l’insieme di trattamenti fisici e riabilitativi messi in atto per gestire i sintomi della SM in un’ottica di approccio interdisciplinare. Le terapie sintomatiche intervengono sui sintomi ma non sui meccanismi alla base della sclerosi multipla che provocano il danno al sistema nervoso centrale: non modificano quindi
l’evoluzione della sclerosi multipla, ma migliorano la qualità di vita.

TERAPIE COMPLEMENTARI

 Le terapie complementari sono quelle terapie non convenzionali che possono affiancare le terapie ufficiali, in altre parole possono essere utilizzate in associazione con la medicina convenzionale; altro termine invece è quello di terapie alternative quando il trattamento non convenzionale è impiegate in sostituzione della medicina ufficiale.
In generale è l’insoddisfazione nei riguardi della medicina tradizionale, la necessità di un rapporto «diverso» con il terapeuta, la voglia di cercare attivamente soluzioni per la propria salute, la convinzione che non ci siano rischi e che a provare non si perda nulla, che spinge una  persona con patologia cronica come la SM a rivolgersi alle «terapie alternative o complementari». 



Cosa sono le «terapie non convenzionali»?

In generale, esse comprendono una varietà di farmaci, supplementi dietetici, regimi alimentari, tecniche di meditazione, esercizi fisici, modifiche dello stile di vita: trattamenti di varia origine, derivati da discipline e tradizioni diversissime. Sempre in generale, includono trattamenti per i quali non si dispone di prove scientifiche di sicurezza ed efficacia contro patologie o sintomi specifici e che vengono utilizzati, di solito, senza una particolare relazione con la malattia in atto. Per spiegare l’efficacia, almeno soggettiva, di queste tecniche, la medicina tradizionale parla di solito di «effetto placebo», cioè beneficio, percepito o anche reale, causato dal sapere di ricevere un trattamento, piuttosto che dal trattamento in sé. Negli USA, un terzo della popolazione risulta essersi affidato almeno una volta alla medicina alternativa; la stessa percentuale vale tra le persone con SM.

Molte persone le utilizzano perché credono che siano prive di effetti collaterali e che quindi il loro utilizzo sia  innocuo. Tuttavia, a differenza dei trattamenti medici convenzionali, che sono accuratamente testati e attentamente regolamentati, la maggior parte delle terapie complementari non sono state sottoposte a studi scientifici. Così che alcuni di essi possono essere completamente sicuro, mentre altri possono effettivamente costituire rischi significativi.

RIABILITAZIONE

La riabilitazione mira a massimizzare l’indipendenza funzionale attraverso la stabilizzazione della funzione, la riduzione della disabilità e la prevenzione di complicanze secondarie, attraverso un processo educativo che incoraggia l’indipendenza dell’individuo. 
In altre parole è un processo di cambiamento attivo attraverso il quale una persona disabile acquisisce e usa le conoscenze e le abilità necessarie per rendere ottimali le proprie funzioni fisiche, psicologiche e sociali (Thompson, 1998).

La riabilitazione non è quindi sinonimo di fisioterapia o rieducazione neuromotoria ma é parte integrante di un percorso riabilitativo, che rientra all’interno di un progetto comune in cui l’obiettivo finale del percorso, è il miglioramento della  qualità di vita del soggetto.
Per sua stessa definizione, la riabilitazione può essere considerata un approccio adeguato nella gestione della SM, condizione cronica evolutiva che dà origine a sintomi multiformi e che produce bisogni che riguardano l’ambito non solo fisico, ma anche psicologico e sociale. 

La letteratura scientifica evidenzia che la riabilitazione interdisciplinare nella SM è efficace nel migliorare la capacità di effettuare le varie attività quotidiane (riduzione della disabilità) e nel migliorare la partecipazione sociale e che questi effetti permangono per un certa durata con progressivo deterioramento nel tempo. L’efficacia è dimostrata in tutti i setting riabilitativi: regime di ricovero, ambulatoriale e domiciliare. La letteratura evidenzia anche che la riabilitazione non è in grado di migliorare le menomazioni, i segni neurologici e le lesioni radiologicamente evidenti nel SNC.
La riabilitazione si compone di interventi sanitari  di dimostrata efficacia dal punto di vista scientifico e che non devono essere confusi con attività di benessere che possono ugualmente migliorare la qualità di vita ma non sono in grado di ridurre la disabilità. Integrata alla riabilitazione di tipo sanitario esiste la riabilitazione sociale che è composta da interventi mirati a garantire alla persona la massima partecipazione possibile alla vita sociale.

Con quale approccio deve essere effettuata?
Per potere contrastare in modo ottimale la varietà di sintomi e di problemi che si presentano durante il decorso della malattia è necessario un approccio interdisciplinare che coinvolge varie figure professionali – l’equipe riabilitativa – e variabili interventi riabilitativi: la fisioterapia, la terapia occupazionale, la logopedia, la riabilitazione dei disturbi sfinterici e cognitivi, il reinserimento sociale, il supporto psicologico per citarne alcune.
I vari sintomi presenti nella SM si possono associare tra di loro traducendosi in una variabilità di quadri clinico-funzionali tra i vari pazienti ed in un singolo paziente lungo la durata della malattia. Questo comporta la necessità di effettuare progetti mirati al singolo individuo circostanziati nel tempo.

EQUIPE RIABILITATIVA

Il team interdisciplinare prende in carico globalmente la persona con SM attraverso un approccio centrato sui problemi e bisogni della persona, definito

Progetto Riabilitativo Individuale elaborato da tutta l’equipe. 
All’interno dell’equipe ci deve essere una buona conoscenza delle competenze di ogni figura, un buono scambio di informazioni, una condivisione di obiettivi ed un processo decisionale comune. E’ indispensabile che il team abbia una adeguata formazione sulla SM. 

Dell’equipe interdisciplinare fanno parte la persona con SM e la sua famiglia che ricoprono un ruolo centrale come parte attiva del processo decisionale. Perché una equipe sia efficace sono fondamentali due fattori: un elevato livello comunicativo ed una eccellente capacità di apertura ai differenti punti di vista dei vari operatori coinvolti. 
Il programma di trattamento è sinergico producendo maggiori risultati di quanto possa raggiungere la sommatoria di prestazioni offerte da ogni operatore singolarmente. La progressività della malattia e la lunga durata richiede che l’equipe  interdisciplinare sia flessibile, capace di sviluppare nuove strategie e valori ed in costante autovalutazione. 

Spesso è necessaria una rete di servizi per meglio rispondere ai bisogni delle persone che deve essere integrata e coordinata e dove si condividono i protocolli diagnostico-terapeutici ed assistenziali. La coordinazione dei vari servizi coinvolti nella presa in carico è fondamentale per incrementare l’efficienza ottimizzando così le risorse e prevenendo la duplicazione di trattamenti e valutazioni. 
L’equipe riabilitativa è costituita dalle seguenti figure professionali: il fisiatra, il fisioterapista, il terapista occupazionale, il logopedista, lo psicologo, l’infermiere della riabilitazione, il foniatra, l’assistente sociale. Questa equipe deve potersi interfacciare con i Centri SM e quindi con il neurologo di riferimento della persona con SM lavorando in modo coordinato e sinergico con questo. In funzione della complessità della patologia e delle complicanze che crea è necessario che altre figure sanitarie siano disponibili anche presso altri servizi integrati in rete come ad esempio l’urologo, il pneumologo, il chirurgo vascolare, l’ortopedico, il sessuologo,  il neuropsicologo ed altre.

  • IL FISIATRA: E’ il medico specialista in medicina fisica e riabilitazione. E’ laureato in medicina e chirurgia con un corso universitario di 6 anni ed iscritto obbligatoriamente all’ordine dei medici dopo che ha superato l’esame di stato di abilitazione alla professione. Il fisiatra ottiene la specialità dopo un corso post-laurea della durata di 4 anni. E’ la persona che individua il protocollo medico specialistico riabilitativo, le modalità, la durata delle prestazioni, attraverso la visita fisiatrica e la compilazione della cartella clinica. E’ responsabile del progetto riabilitativo(LINK)e ha il compito anche di coordinare i diversi interventi tecnici, effettua la diagnosi funzionale e la prognosi riabilitativa e consiglia le cure mediche e farmacologiche sintomatiche adeguate ed esegue molti degli interventi medici coadiuvanti della riabilitazione. Il fisiatra è inoltre una risorsa importante per il paziente con sclerosi multipla riguardo all’aggiornamento sulle più moderne strategie riabilitative. Con la progressione della malattia è ugualmente importante l’apporto medico sia in senso generale che specialistico riabilitativo.
  • IL FISIOTERAPISTA: E’ l’operatore sanitario laureato in fisioterapia (laurea universitaria della durata di 3 anni) che si occupa della riabilitazione dei disturbi sensitivo-motori volti a migliorare le varie attività di mobilità come deambulare, effettuare passaggi posturali (alzarsi, sedersi, girarsi nel letto, etc), mantenere posture, fare trasferimenti, partecipando alla loro valutazione. 
Utilizza tecniche neuromotorie per gestire alcuni sintomi come il deficit di forza, la spasticità, i disturbi dell’equilibrio e della coordinazione. Si occupa della riabilitazione dei disturbi respiratori insieme al logopedista e della riabilitazione della fatica, volta ad aumentare la resistenza allo sforzo tramite il lavoro aerobico. Utilizza l’esercizio terapeutico, strumenti e tecniche manuali come il linfodrenaggio per ridurre gli edemi, la mobilizzazione e la manipolazione per migliorare la mobilità articolare e l’attività muscolare. Esegue terapie fisiche e partecipa alla valutazione per la scelta di tutori ed ausili, volti alle attività di mobilità ed effettua il loro training all’uso. Il fisioterapista può utilizzare l’acqua come mezzo riabilitativo effettuando l’idrochinesiterapia.
  • IL TERAPISTA OCCUPAZIONALE: E’ un operatore sanitario laureato in terapia occupazionale (laurea universitaria della durata di 3 anni)  che si occupa della riabilitazione dell’arto superiore, della postura e dei disturbi cognitivi mirati a rendere la persona più autonoma nelle varie attività di vita quotidiana. Tali attività sono moltissime e comprendono i trasferimenti ( ad esempio passare da una sedia al WC; passare dal letto ad una sedia, entrare in vasca, entrare ed uscire della macchina, etc) cucinare, vestirsi, lavarsi, scrivere, lavorare, mangiare, etc. 
Il terapista occupazionale si occupa anche della gestione della fatica tramite l’insegnamento di strategie di risparmio energetico. Partecipa alla valutazione per la scelta di ausili per l’arto superiore, attività di vita quotidiana e carrozzina e si occupa dell’addestramento al loro uso. 
Inoltre, elabora  o partecipa alla scelta di tutori per facilitare i gesti manipolativi. Infine si occupa delle valutazioni ambientali volte a proporre modifiche e adattamenti per migliorare l’accessibilità a domicilio o sul luogo di lavoro. Utilizza sia tecniche di rieducazione che metodi e tecniche alternativi per compensare le limitazioni sensitivo-motorie e cognitive.
  • IL LOGOPEDISTA: E’ un operatore sanitario laureato in logopedia (laurea universitaria della durata di 3 anni) a cui compete la riabilitazione dei disturbi della comunicazione e della deglutizione. Ha anche competenze nella riabilitazione dei disturbi cognitivi ed in alcuni aspetti dei disturbi respiratori. Questa figura professionale in collaborazione con foniatra, neurologo, psicologo e fisiatra partecipa alla valutazione delle abilità e disabilità comunicative, della deglutizione nonché cognitive; effettua il trattamento dei disturbi rilevati; effettua una attività di counselling / informazione ai pazienti e familiari circa il trattamento logopedico e le eventuali modifiche o strategie da mettere in atto in sua assenza.
  • LO PSICOLOGO: Lo psicologo che svolge attività clinica è laureato in psicologia (laurea universitaria di 5 anni), ha effettuato il tirocinio obbligatorio di un anno e ha superato l’esame di stato di abilitazione alla professione che gli permette l’iscrizione obbligatoria all’albo. 
Per potere effettuare psicoterapia deve essere specializzato in psicoterapia (corso post-laurea della durata 4 di anni) ed essere autorizzato dall’ordine a svolgere questa attività. Gli psicologi con laurea triennale non possono svolgere attività clinica senza la supervisione di uno psicologo senior (psicologo con laurea quinquennale). Lo psicologo si prende cura dei bisogni di tipo psicologico della persona con SM, della coppia, della famiglia attraverso attività preventiva e terapeutica e attività indiretta di natura consulenziale e con interventi di rete.
L’intervento diretto di riabilitazione psicologica si occupa del disagio emotivo a seguito dell’evento malattia e delle conseguenze psicologiche individuali e relazionali che ne fanno seguito. Gli interventi dello psicologo comprendono: il counselling, la psicoterapia di supporto, la psicoterapia espressiva, attività terapeutica di  gruppo (psicoterapia di gruppo, gruppi di auto-aiuto).
  • IL FONIATRA: E’ un medico specialista nella diagnosi e riabilitazione dei disturbi della comunicazione e della deglutizione. E’ laureato in medicina e chirurgia con un corso universitario di 6 anni ed iscritto obbligatoriamente all’ordine dei medici dopo che ha superato l’esame di stato di abilitazione alla professione. Il foniatra ottiene la specialità dopo un corso post-laurea della durata di 4 anni. Le sue valutazioni servono a fornire le indicazioni terapeutiche per il logopedista. La preparazione del Foniatra è orientata in senso pluridisciplinare con acquisizione di competenze nei vari settori di specifico intervento che, oltre all’ORL (otorino-laringologia), comprendono: l’Audiologia, la Neurologia, la Neuropsichiatria, la Pedagogia, la Psicologia, la Linguistica, la Fonetica, la Fonologia.
  • L’INFERMIERE DELLA RIABILITAZIONE: E’ un operatore sanitario laureato all’università in scienze infermieristiche con un corso di 3 anni ed ha superato l’esame di stato di abilità alla professione che le permette l’iscrizione obbligatoria al collegio degli infermieri. L’infermiere della riabilitazione è un infermiere esperto nell’area riabilitativa dove integra l’attività degli altri operatori sanitari con interventi mirati alla gestione dei farmaci, alla gestione dei disturbi urinari e fecali, alla gestione dell’assistenza personale della persona (come ad esempio le cure igieniche). 
Si occupa inoltre dell’educazione alimentare per un adeguato stato nutrizionale e della gestione delle lesioni da decubito attraverso programmi preventivi (interventi, ausili e insegnamento delle regole per mantenere l’integrità cutanea) e di cura delle lesioni. 
I suoi interventi sono volti sia alla persona con SM sia ai caregivers. L’infermiere partecipa con le altre figure professionali ai programmi di educazione, prevenzione e cura alle persone con SM e dei caregivers per: migliorare la gestione della fatica, del dolore e degli altri sintomi che possono compromettere le attività della vita quotidiana; ridurre lo stress; aumentare l’indipendenza dell’individuo attraverso i cambiamenti ambientali; prevenire le complicanze derivate dall’immobilità.
  • L’ASSISTENTE SOCIALE: E’ un operatore dell’area sociale che si è laureato all’università con un corso di 3 anni ed ha superato l’esame di stato di abilitazione alla professione che le permette l’iscrizione obbligatoria all’albo. Si occupa di fornire informazioni alla persona sui diritti e sui servizi territoriali sociali e sanitari, fornisce consulenze sui diritti delle persone con disabilità, sulla legislazione, sui riconoscimenti socio sanitari e sulle agevolazioni fiscali disponibili (Invalidità Civile, legge 104/92, contrassegno e parcheggio disabili,  patenti speciali, barriere architettoniche interne ed esterne, domande alloggi comunali, inserimento lavorativo, agevolazioni sul settore auto, ecc). 
L’assistente sociale esegue interventi per facilitare l’integrazione sociale della persona tramite il lavoro di rete con le risorse disponibili sul territorio di riferimento.